LA CORSA NEL CALCIO

Agosto tempo di preparazioni atletiche e si vedono orde di calciatori intenti nella preparazione a “secco” che macinano chilometri su chilometri e si prodigano in una gran quantità di prove ripetute anche sulla pista di atletica oltre che sul loro naturale terreno di competizione. I calciatori corrono molto. Tanto in partita e fin troppo in allenamento. A volte mi domando perché anche nelle preparazioni moderne, dove ormai si è capito che l’allenamento situazionale è più importante di quello condizionale anche perché il primo comprende automaticamente il secondo ma non viceversa, si continua ad insistere con carichi molto consistenti di preparazione a “secco”, senza l’uso della palla. Alcuni allenatori (più che i preparatori) dicono che vogliono creare nel calciatore proprio la fame di pallone e l’espediente di tenerli lontano dalla palla è un sistema per fare in modo che poi, quando arriva la palla abbiano una ricezione sull’attrezzo di lavoro amplificata rispetto a chi può disporre sempre del pallone. Da un punto di vista psicologico l’idea può anche reggere il problema è che quando danno l’indicazione al preparatore atletico di continuare a lavorare senza palla lo mettono in croce. Capisco che tu, allenatore, hai l’esigenza di fare in modo che il giocatore veda la palla come la fidanzata che non vede da mesi ma come preparatore ho anch’io l’esigenza di usare la palla. Insomma il giocatore senza palla funziona male. Questo le fidanzate lo sanno e tentano di non stare mai troppo tempo senza vedere il giocatore…

La corsa del giocatore senza palla è molto diversa dal giocatore con la palla e comunque dal giocatore in campo. Anche in una sgroppata sulla fascia laterale il calciatore non correrà mai con la stessa tecnica di un atleta che si appresta a fare il suo miglior risultato sui 100 metri. Se dovessimo dire lo sprint che interessa di più al calciatore è quello sui dieci, venti o trenta metri. Per più di 50 metri alla massima velocità il calciatore non corre praticamente mai e comunque… non parte dai blocchi, non ha l’esigenza di rialzarsi pian piano, ha assolutamente l’esigenza di vedere dove corre e non ha nessunissima corsia assegnata ad indicargli la strada. Insomma può anche essere che un calciatore migliori sensibilmente il suo record personale sui 60 metri (e non sui 100…), che tutto sommato è quasi una distanza interessante con riferimento a quelle che si trova poi a percorrere in partita, ma che questo buon miglioramento non  si traduca in un effettivo vantaggio sul suo rendimento in campo. Per rendere bene in campo avrà bisogno di saper fare bene questo sprint, partendo veloce, con il baricentro nella giusta posizione riuscendo a controllare bene la corsa per fermarsi in pochi metri quando necessario e sempre con il baricentro in posizione ottimale, questo se non ha la palla, se invece ha la palla tutto è ancora decisamente più complicato, altro che sprint sui 60 metri.

I tempi sui 30 o sui 60 metri possono anche essere interessanti per vedere la velocità potenziale di questo giocatore, è chiaro che un  giocatore terribilmente lento su questi test farà fatica a diventare un fulmine quando si trova in campo, ma non prendiamo la necessità di migliorare questi crono come un imperativo categorico. Con riferimento alle distanze più lunghe non  ha senso testare il giocatore su distanze più lunghe dei 3000 metri o dei fatidici 12 minuti del test di Cooper che, generalmente, per un calciatore, difficilmente corrispondono ad una distanza molto superiore ai 3 chilometri. Il calciatore può correre in allenamento anche per un’ora o più (magari con delle variazioni di ritmo per non farlo andare in paranoia) ma non ambisce ad acquisire quell’economia di corsa che è tipica del corridore di corse su distanze superiori ai dieci chilometri. Anche se il calciatore corre più di dieci chilometri in partita (cosa che può succedere) non li correrà mai con le tensioni del diecimilametrista o del maratoneta. Pertanto al calciatore è utile la resistenza organica stimolata da queste corse (e ancor di più se sono condite con un po’ di sane variazioni di ritmo) ma non  l’apprendimento di questo tipo di corsa. Non interessa al calciatore saper correre “economico” ai 12 chilometri all’ora e se proprio fosse interessato ad un certo tipo di economia di corsa potrebbe essere quella con riferimento ad andature attorno ai 25-28 chilometri all’ora, andature alle quali lui esercita la maggior parte delle sue importanti fughe e rincorse. Non serve niente al calciatore saper correre  in grande economia ai 12 all’ora se poi, quando deve abbozzare uno sprint, dove supera ampiamente i 20 all’ora nel giro di pochi metri (grande capacità di accelerazione), spende un’infinità.

Da preparatore atletico dico che l’allenatore che mi mette più a mio agio è quello che mi lascia usare sempre la palla senza mettere vincoli di carattere tecnico e senza aver paura che le mie esercitazioni facciano danni sull’aspetto tecnico. Se non uso la palla difficilmente riuscirò ad intervenire con specificità sul gesto che mi consente di migliorare la corsa del calciatore in campo e, per assurdo all’allenatore che non vuole l’uso della preparazione atletica con la palla potrei pure dire: “Va bene, allora facciamo solo un po’ di preatletica per prevenire gli infortuni perché il resto è tempo perso.” Evitiamo di far fare troppa fatica ai calciatori senza la palla perché oltre che frustrante da un punto di vista psicologico a volte è proprio inutile da un punto di vista fisico, o  meglio, potrebbe essere utile per convertirli all’atletica leggera ma non per mettere a punto le loro capacità corsaiole di calciatori. Uso poco il calcio per preparare i mezzofondisti a meno che non siano proprio malati di calcio (a dire il vero mi era pure capitato…) e dunque uso poco la corsa da mezzofondista sui calciatori, a meno che non siano malati di mezzofondo, ma temo che questa evenienza non si riscontri nemmeno nei calciatori finlandesi o keniani, non solo negli italiani.