LA BANDIERA OLIMPICA

Tutte le guerre si fanno per danaro, questa è una mia convinzione sulla quale non mi metto mai nemmeno a discutere. Se discuto di una cosa voglio dare un’opportunità al mio interlocutore di farmi cambiare idea, se questa non esiste mi pare di prendere in giro il mio interlocutore a proseguire nella discussione e ammettendo che non so assolutamente chi ha ragione (c’è qualcuno che supera questo limite?) ammetto umilmente anche che non ho i numeri per cambiare opinione, non ho questa facoltà è pertanto mi è impossibile proseguire la discussione che resta inevitabilmente sterile ed improduttiva.

Pertanto su questa cosa purtroppo sono poco democratico e non accetto nemmeno domande e commenti, io vi dico che ritengo che l’unica motivazione concreta e reale alla base delle guerre siano sempre motivi economici e non ideali di patria. Questo almeno per quanto riguarda chi decide le guerre non per chi poi va concretamente a prendervi parte. E possibile che qualche soldato creda in ciò che fa e sia disposto a darci la vita ma resto del parere che chi lo manda là (spesso al monito di “Armiamoci e partite…) non sia mosso da nessun ideale autentico.

Detto questo calo sulla bandiera del Comitato Olimpico che per conto mio è una bandiera fantastica, una delle più belle cose che abbia mai inventato l’uomo e che potrebbe essere caricata anche di tanti significati molto produttivi per tutta l’umanità. La bandiera del Comitato Olimpico comprende tutti. Comprende tutti e cinque i continenti e pertanto tutta l’umanità. Lo sport si fa essenzialmente sotto quella bandiera ed il suo spirito è quello di una umanità unita che si sfida in giuochi olimpici sotto le regole dello sport, che sono regole che contribuiscono al progresso dell’umanità, alla pace ed alla solidarietà fra i popoli.

Un tempo si sospendevano le guerre per svolgere al meglio le Olimpiadi, nell’era moderna si è fatto esattamente l’opposto tradendo lo spirito olimpico.

In questi giorni c’è un gran parlare di Russia e ci credo visto che in Ucraina ne sta facendo di tutti i colori e non mi pare che si tratti di Giuochi Olimpici. Visto che ho un’idea calcificata non mi metto a parlare di guerra, sarebbe un discorso stupido e senza senso da parte di uno che sulla guerra ha un’opinione “non contrattabile”.

Ma voglio invece parlare di una guerra simbolica (ma nell’ambito dello sport oserei dire quasi concreta più che simbolica) che non è stata combattuta perché… mancavano le motivazioni economiche per poterla condurre.

Lo sport di alto livello, che è quello che gran parte della popolazione mondiale guarda per televisione, si fonda sui principi di fratellanza e rispetto reciproco fra i contendenti ma nel rispetto della libera scelta (non come si fa con i vaccini in Italia…) si fonda anche su una grande assistenza medica molto sofisticata che serve per produrre prestazioni di alto livello. Tale assistenza medica nell’ambiente siamo soliti chiamarlo doping ma in realtà adesso non si può più chiamarlo doping perché è una questione di stato e ti querelano se lo chiami doping, si chiama assistenza medica punto e basta. C’è da dire che, parlando di atleti di alto livello che si allenano due volte al giorno sempre al limite del carico sopportabile fisiologicamente, è un’assistenza medica un po’ spinta tesa a scongiurare pericolose variazioni dei parametri bioumorali dell’atleta ed è per quello che, un po’ grossolanamente, finiamo per chiamarlo doping ma si può tranquillamente affermare che, almeno da un punto di vista giuridico, non lo è perché poi questi atleti molto assistiti anche se fanno un grande uso di farmaci non risultano mai positivi all’antidoping salvo strani ed inspiegabili errori e chi invece risulta positivo all’antidoping è il pirla dell’atleta amatore che, per chissà quale motivo, ha preso un certo farmaco vietato dalle normative antidoping.

Ebbene, questo sistema di seguire gli atleti molto attentamente da un punto di vista medico, anche con il fine di migliorarne il rendimento sportivo oltre che per quello di tutelarne la salute, l’ha inventato l’Unione Sovietica oltre 60 anni fa. Questo sistema è stato adottato in tutto il mondo. Da molti tecnici (pure il sottoscritto) è criticato perché non si capisce più se l’atleta è migliorato grazie al progresso delle tecniche di allenamento o se grazie al progresso dell’assistenza medica ma è comunque il metodo più diffuso in tutto il mondo. Lo hanno inventato i sovietici e non hanno nulla da vergognarsene, non è obbligatorio per nessuno, sono gli altri che hanno deciso di seguire la stessa strada, non i sovietici che l’hanno imposta per legge. Ripeto, è una storia molto diversa da quella che sta succedendo in Italia con i vaccini (spero ancora per poco): nessun obbligo, libera scelta.

Gli atleti Russi ultimamente sono stati obbligati (non invitati, obbligati proprio….) a partecipare alle competizioni internazionali sotto la bandiera del comitato olimpico per punizione contro presunti scandali sul doping da parte di alcuni loro tecnici, medici e atleti. Avrebbero infranto le normative antidoping in modo clamoroso e pertanto sono stati “puniti” a gareggiare sotto quellla bandiera.

Prima osservazione molto curiosa: per conto mio quella non dovrebbe suonare come una punizione. La bandiera del Comitato Olimpico è una delle cose grandiose apparse sulla terra. Tutti gli atleti dovrebbero essere orgogliosi di gareggiare sotto quella bandiera e non dovrebbero assolutamente sentirsi puniti da questa cosa. Io proporrei (ma io sono un personaggio molto strano, sono quello delle piste ciclabili, non c’era bisogno di questo articolo per capirlo…) che tutti gli atleti gareggiassero sotto un unica bandiera, quella del Comitato Olimpico, poi il problema si pone con gli sport di squadra dove non si sa più come formare la squadra e allora io sarei per la squadra del condominio, per la squadra del quartiere etc. solo che dopo diventa difficile, molto difficile gestirla anche perché direi che nessun condominio può acquistare un atleta di un altro condominio per vincere perché per conto mio se compri gli atleti degli altri non è leale.

Però il concetto dello sport è comunque che la bandiera più importante è quella delle Olimpiadi e non quella degli stati tanto è vero che vanno fermate le guerre fra i vari stati per disputare le Olimpiadi e non si fermano le Olimpiadi per fare le guerre.

Vengo al sodo su un secondo aspetto forse più pratico ma un po’ meno romantico. La Russia, che non è l’Unione Sovietica ma potrebbe anche avere un certo interesse a tutelare l’immagine dell’Unione Sovietica di 60 anni fa, ha perso una grandissima occasione (sono sempre in tempo per carità, ma se non ci hanno provato fino ad ora non penso che ci proveranno più) per far capire come funziona il doping nello sport di alto livello, per il semplce motivo che lo hanno inventato loro. Che interesse potevano averne? Da un punto di vista economico proprio nessuno (ed è per quello che nessuno ha mosso un dito) da un punto di vista dell’orgoglio nazionale, se dovesse essere una cosa che esiste ancora, potevano far capire che loro adesso, con gli attuali scandali del doping, non c’entrano assolutamente nulla perché non sono certamente quelli che si dopano più degli altri e se invece è emerso qualcosa di irregolare da parte di loro atleti questa è la dimostrazione pratica che non puntano più con consistenti investimenti su questa strada come facevano ormai molti anni fa., perché in quel caso tutto fila liscio e nessun atleta risulta in posizioni irregolari.

Pertanto che gli atleti russi gareggino sotto la bandiera del Comitato Olimpico trovo che sia una cosa carina e non degradante, se tale provvedimento è assunto invece con carattere punitivo allora ritengo che tale carattere punitivo deva essere esteso a tutti gli atleti di tutti gli stati (pure quelli del Gabon e del Burundi anche se è difficile crederci) perché il metodo sovietico (e non russo…) è stato diffuso in tutto il mondo e non è più andato in disuso. Quindi colpire gli atleti russi di adesso per fatti di 60 anni fa mi pare un po’ curioso e lo è ancor più se rileviamo che quei fatti hanno fatto scuola in tutto il mondo e non ci siamo più spostati da lì nemmeno con le cannonate. Ma qui la colpa non è certamente dell’Unione Sovietica ma di chi ritiene che sia stramaledettamente importante vincere nello sport anche scomodando la scienza medica che dovrebbe essere concentrata sulle patologie più che sulle questioni di massimo rendimento dei sani. Non c’è nemmeno il tempo per capire chi si può fare un accidenti di vaccino senza pericolo per la sua salute ma si trova il tempo per mettere a punto sofisticati protocolli farmacologici per incrementare il rendimento degli atleti di alto livello.

Sono contro tutte le guerre. Quella al doping, senza spargimento di sangue, poteva tornare utile allo sport a tutti i livelli, poteva farla la Russia, ne aveva tutti i motivi, ma evidentemente mancava quello più importante che è quello che, a mio parere, muove tutte le guerre: quello economico.