IL VERO PROBLEMA NON E’ LA BENDA SUGLI OCCHI

O meglio il problema è quello ma la benda è quella sugli occhi della scuola italiana che fa finta di non vedere problemi macroscopici ben più importanti di quello grottesco della ragazzina bendata per la verifica in “DAD”.

“Quello dei salti ha detto che i ragazzi si muovono troppo poco” – “Eh, lo so ma non è un problema nostro, noi siamo troppo indietro con i programmi ministeriali, non c’è tempo per quelle cose lì…”.

Questa è la scuola italiana del 2021. E’ per quello che in pochi giorni ho fatto il trasformista e sono passato dall’ipocrita intenzione di non occuparmi più di tanto di questa cosa all’idea che anche se questa cosa è un’immane fesseria è comunque il gancio per mettere finalmente in discussione la scuola italiana che non funziona per niente e non per questioni legate al Covid ma per questioni metodologiche mai affrontate.

Se mi dicono che il nome del mio sito c’entra poco con questo tipo di problemi dico che sono pure disposto a cederlo, visto che è un nome che piace tanto ai palestrati (e mi sa che potrei pure venderlo invece di cederlo gratuitamente, così una volta tanto non sono più “gratis”…) e a cominciare a chiamarmi “Consulente per l’attività motoria dei ragazzi” perché anche se mi occupo essenzialmente di attività motoria per la terza età sono convinto che l’attività fisica dei ragazzi sia importantissima, riguarda il nostro futuro e potrei pure passare il resto dei miei giorni a fare prediche su quella se vedessi che c’è speranza di far capire quanto sia importante non trascurarla.

Noi a scuola siamo quelli dei salti. Non abbiamo mai contato niente e non contiamo niente nemmeno adesso che è sotto gli occhi di tutti il bisogno di movimento dei ragazzi. Ma è colpa dei telefonini, della televisione, del computer, dei social. Giochiamo a scaricabarile. E’ colpa anche della scuola, non si può negarlo. Poi che la scuola da sola non possa risolvere il problema è certamente vero ma è compito della scuola affrontarlo almeno a parole se non nei fatti perché è certamente un problema educativo e culturale di tutti i ragazzi che frequentano tutte le scuole dal liceo scientifico e a quello artistico a quello classico, dagli istituti tecnici alle scuole alberghiere e chi più ne ha più ne metta.

La ragazzina bendata non dovrebbe aver bisogno di bendarsi perché si fa ogni settimana 30 ore di scuola e quando si è fatta quelle non dovrebbe aver bisogno di dimostrare niente a nessuno. Se durante quelle trenta ore dorme oppure ha a che fare con insegnanti che non sono in grado di insegnare la materia allora quello è un problema serio. Ed è un problema disciplinare se la ragazzina dorme perché i suoi genitori devono averle insegnato che si dorme di notte e non a scuola oppure è un problema tecnico metodologico dell’insegnante se nelle ore che ha a disposizione non riesce ad insegnare nulla a quella ragazzina. Gli insegnanti di educazione fisica, miei colleghi, più o meno si lamentano proprio di quello: in due ore alla settimana non si riesce a fare proprio nulla, non si riesce assolutamente a soddisfare il fabbisogno di movimento di questi ragazzi. Tutti gli altri insegnanti lamentano più o meno lo stesso problema “Anch’io con tot. ore non riesco a svolgere il programma della mia materia, sono assolutamente insufficienti…”.

Allora io ho una soluzione semplice semplice che potrebbe servire a svecchiare l’arcaica scuola italiana e potrebbe darle un po’ di sprint. Aboliamo le verifiche perché non c’è tempo per farle e se tutti sono concordi nel dire che manca tempo per svolgere il normale programma di  ogni materia non abbiamo nemmeno bisogno di verificare nulla, la risposta la sappiamo già. I programmi non sono adeguati al numero di ore riservato alle varie materie. O cambiamo gli orari o cambiamo i programmi, non c’è niente da verificare, la risposta la sappiamo già.

Bisogna fuggire dal modello di allievo “Pierino” che va bene per i film ma non va bene per imparare. L’allievo non deve far finta di essere preparato per prendere buoni voti. Non deve barare perché l’importante  è prendere buoni voti e poi chi si è visto si è visto. Al contrario deve essere lui, senza mettere in croce nessuno, perchè l’insegnante non può fare i miracoli, a sottolineare i punti dove è più carente, deve istigare l’insegnante a concentrarsi su quelle cose importanti che il ristretto orario di lezione può rendere di difficile apprendimento. Se c’è collaborazione fra insegnante ed allievo senza sotterfugi allora si può svolgere un lavoro molto più proficuo ed indirizzato a sviscerare i punti davvero importanti di ogni singola materia. Altrimenti si gioca a mosca cieca, al bendaggio, a far finta di essere preparati per superare la verifica studiando le cose a memoria e spedendole nella memoria a breve termine che tanto, superata quella verifica si possono pure dimenticare per far spazio ad altre nozioni che dovranno pure essere studiate a memoria, per superare altre verifiche.

E’ chiaro che in una scuola simile l’istituto della bocciatura come arma di ricatto per tenere un certo tipo di disciplina vacilla. Se hai fiducia di me come allievo non hai bisogno di ricattarmi di nulla, mi tratti da persona matura e quello è già il tuo successo di educatore e di insegnante perchè al di là dei contenuti trasmessi se arrivi a questo tipo di rapporto hai già ottenuto un indiscutibile successo come insegnante.

Si arriva alla cosa folle che adesso mi farà appioppare l’etrichetta di comico e che qualcuno dirà che come me le invento io non se le inventa nessuno, che eventuali bocciature, in casi del tutto eccezionali dovrebbero addirittura essere concordate fra allievo ed insegnante. Come praticamente si è arrivati a concordare con i genitori le bocciature con i ragazzini più piccoli che sembrano assurde ma a volte vengono ritenute utili, quando il ragazzino cresce, se cresce davvero non dovrebbe più aver bisogno dei genitori che si intromettono nel suo rapporto con l’insegnante e se ci sono problemi seri bisogna mettersi d’accordo sinceramente senza prendersi in giro, senza fare carte false. L’insegnante sa che non può pretendere da un certo tipo di allievo un certo tipo di rendimento, sa che se questo non arriva non è che il ragazzo possa fare miracoli e l’allievo non può prendere in giro l’insegnante barando sul suo vero stato di preparazione. A quel punto ti boccio perché sei immaturo ed imbrogli, non per la scarsità dei contenuti che sei riuscito a rielaborare.

“Rielaborare” è la parola magica che manca nella scuola italiana. Non si rielabora un bel niente. Sarebbe molto meglio una ridotta quantità di concetti ben rielaborati ed invece ci si ingolfa di una grande quantità di informazioni trasmesse in modo superficiale che non vanno a far parte autenticamente del bagaglio culturale dell’allievo. Siamo vittime della cultura del libro. Bisogna imparare quello che c’è scritto sul libro, è quello che ci può far raggiungere l’obiettivo del voto elevato è quello ciò che vuol sentirsi dire il professore. Un allievo che invece di rispondere in modo chiaro in una verifica si mette a far domande è un paziente psichiatrico animato da folli propositi di acculturamento, va internato subito che non si sogni di portare la scuola su un binario di autenticità che non vuole nessuno. Una scuola autentica mette in crisi l’insegnante perché in una scuola autentica l’insegnante è sotto esame tutti i giorni, la risposta prestampata che si trova sul libro di testo non conta più, non è più sufficiente e, come si evolve l’allevo, si evolve anche l’insegnante che continua ad imparare tutti i giorni.

“Ma la matematica è sempre quella, è inutile che ci racconti fantasie da sessantottino…”. La matematica è sempre quella ma le esigenze della società continuano a cambiare, cambiano i ragazzi e se ignoriamo queste cose teniamo in piedi una scuola che sarà sempre più tagliata fuori. Dopo non ci si può stupire se andiamo a formare dei giovani che si sentiranno dire tantissime volte “Le faremo sapere” quando il giovane davvero preparato dovrebbe essere lui a dire al responsabile del personale “Le farò sapere se ho intenzione di aderire al suo progetto”. Una gioventù preparata non subisce la società, la cambia e decide che connotati darle. In una società evoluta non sono le grandi aziende a decidere come deve andare avanti la scuola ma è la scuola che deve formare giovani preparati che decideranno se fare andare avanti un certo tipo di aziende in un certo modo o se lasciarle morire perché se è vero che chi ha il danaro comanda è anche vero che chi ha il danaro se non trova forza lavoro soccombe.

L’ecologia vera non è quella delle belle parole. L’ecologia vera è quella che alla faccia della miseria dilagante il ragazzo al colloquio di una ditta che dei problemi ambientali se ne fa un baffo non si presenta nemmeno e se quel ragazzo ha delle capacità concrete può benissimo scegliere dove andare a giocare le sue carte senza sottomettersi a tristi ricatti.

Non possiamo insegnare solo l’obbedienza perché la promozione solo se studi cinque ore al giorno più avanti si trasformerà nella ricchezza se lavori undici ore al giorno ed accetti tutte le follie che ti vengono imposte da un mondo del lavoro che è chiaramente squilibrato.

Ragionando così può pure essere che lo studente si concentri solo sulle lingue perché a sedici, diciassette anni ha già deciso che per trovare lavoro andrà all’estero. L’importante è non prendersi in giro altrimenti si arriva al gioco della benda che è una grande sconfitta per l’allievo ma una doppia sconfitta per l’insegnante che dimostra di non aver capito cosa significa fare l’insegnante.