IL MIO FANTOZZI

Ognuno vede il mondo a modo suo. Ho apprezzato Paolo Villaggio una sera del 1987 che è venuto a parlare nella piazza principale della mia città che è una delle piazze più famose d’Italia (diciamolo pure alla faccia dell privacy: Piazza Bra a Verona) davanti a circa settanta persone (settanta… non settantamila). E lì ho capito come funziona la televisione, come funziona l’informazione. Non so se sarete in settanta a leggere questo articolo. Se anche siete in soli trentacinque andate ad aumentare di una volta e mezza il pubblico che ha sentito parlare di “quel” Fantozzi. Il Fantozzi ufficiale ha fatto parlare di sé decine di milioni di persone, travolgendo lo stesso Paolo Villaggio in un successo veramente inaspettato (e pure duraturo se è vero che la notizia di oggi ha toccato milioni di italiani).

Quel Fantozzi di Piazza Brà, militante di Democrazia Proletaria, l’abbiamo conosciuto in pochi. Non sono mai stato di Democrazia Proletaria e non mi ricordo cosa ho votato quell’anno ma ricordo la schiettezza del suo discorso di una semplicità disarmante. Molto semplicemente ha parlato del problema della droga, problema molto sentito a Verona, incrocio di flussi della merce di tutta Italia. Ha detto che bastava che tre o quattro politici di quelli giusti si mettessero d’accordo che si sarebbe potuto dare un colpo decisivo al mercato della droga ma non c’era nessun interesse a farlo perché a parole la droga la combattevano tutti ma nei fatti faceva comodo a troppi per far girare un certo tipo di economia. La stessa economia che, anche se si spera meno condizionata dalla droga, ci si sforza di far girare anche adesso, trent’anni dopo, perché al centro dei pensieri della maggior parte dei politici influenti non c’è il cittadino ma l’economia che deve girare e così anche se la sperequazione dei redditi aumenta in modo abnorme creando differenze sociali insostenibili, l’importante è che l’economia giri, che la ricchezza globale aumenti, dopo che sia concentrata nelle mani di pochi potenti (“pre”potenti…) quello non conta.

Penso che il vero Fantozzi sia la persona più di sinistra che abbia mai sentito parlare e del resto lui non poteva altro che incarnare il prototipo del vero personaggio di sinistra dal momento in cui metteva in scena un italiano schiacciato dal potere. Ma Fantozzi cinematografico è stato tollerato ed osannato in quanto caricatura scherzosa di un Italiano che poi un minimo di autonomia ce l’aveva perché poteva sempre decidere di votare per il suo politico di fiducia, Fantozzi vero invece è stato ascoltato da poche decine di persone perché su quelle realtà era tollerato solo scherzare, non parlare concretamente.

Ho visto il mio Fantozzi e non mi ha fatto per nulla ridere, mi ha fatto pensare e per certi versi mi ha aperto gli occhi. Il Fantozzi nazionale allora non mi faceva ridere perché lo trovavo banale e abbastanza scontato, mi fa più ridere adesso che è diventato leggenda. Ma alla fine di Paolo Villaggio mi resta un messaggio politico al di là di un successo cinematografico di portata cosmica.

Se è per ridere tutti sono disposti a lasciarti la scena e ad amplificare le tue gesta. Quando ti metti a parlare seriamente devi essere politicamente corretto, altrimenti la mannaia della censura scatta giù con una precisione ed un tempismo ineguagliabili.

Questo articolo lo leggeranno forse in trentacinque. Paolo Villaggio può aumentare del 50% i sostenitori dell’aspetto più complesso e scomodo della sua personalità, e per me resta presente più come Paolo Villaggio che come Fantozzi anche se qui è stato accettato solo come Fantozzi.