IL “M.A.E.” ED IL “MEA CULPA”

Si è spento nei giorni scorsi a Verona il Prof. Walter Bragagnolo, da molti chiamato semplicemente “Il Prof.” e fra l’altro diffusore in Italia del M.A.E., Method of Amplification of Error che altro che non è che la metodologia di allenamento che fa capo all’esasperazione dell’errore in biomeccanica.

Per alcuni lui è l’inventore del “MAE” e, quando sarà il mio turno, spero più avanti possibile, io rischio di passare alla storia per l’inventore del “MEA”, Mea Culpa e non è inglese ma latino.

Intanto, per amor di precisione, mi preme sottolineare che la sigla presa dall’inglese non è di paternità del prof. che odiava gli inglesismi e pure le sigle e se proprio si era fatto sfuggire la sigla era M.A.E. inteso come Metodo Amplificazione Errore in italiano. All’inglesismo sono stati costretti alcuni allievi del prof., in tempi successivi, presi dalla necessità di pubblicare in inglese, ma il prof. che parlava di ciò già oltre quarant’anni fa, partendo da osservazioni degli scienziati Edelman e Popper, si limitava a chiamarlo metodo di esasperazione dell’errore o metodo di controllo della devianza rispetto ad un ipotetico modello di riferimento.

La Necessità, su questo insisteva molto il profe ed alla teoria della Necessità aveva associato proprio il lavoro sul MAE del quale peraltro affermava: “Il problema vero e proprio è che non esiste un modello di riferimento accettato e pertanto ci troviamo a discutere cosa sia errore e cosa non lo sia…”.

Io potrei passare alla storia come l’inventore del “MEA” nel senso che posso recitare un bel “Mea Culpa” se non ho trovato il tempo di scrivere un libro con il profe, cosa che negli ultimi tempi mi era stata direttamente proposta da lui. Non ho trovato il tempo perché immerso nei miei problemi esistenziali, non ho trovato il tempo perché io partivo da un mio punto di vista che avrebbe portato ad un lavoro a due mani che avrebbe dovuto certamente essere mediato da un terzo personaggio per poter essere reso pubblicabile.

Il prof. diceva che preferiva essere chiaro nei confronti di mille piuttosto che essere letto ed approvato da un milione di lettori che dicevano “Si, si…” e poi non avevano capito nulla. Per certi versi era un elitario, un intransigente.

Da questo punto di vista, invece io sono un superficiale ma lo sono perché sono animato da un’altra curiosità. La mia curiosità è quella di capire come funzionano i meccanismi di trasmissione dell’informazione di massa.

E così mentre il prof. molte volte è passato come rompiballe in quanto non desideroso di mediare la comunicazione io, al contrario, potrei passarlo proprio in quanto interessato a propagare i sistemi di deviazione dell’informazione per tentare di portarli a conoscenza del maggior numero di persone.

In altre parole, mentre a lui interessava la “qualità” dell’informazione e pertanto aveva la necessità che questa andasse a bersaglio, anche senza necessariamente coinvolgere molte persone, io sono sempre stato tentato dalla voglia di trovare parole semplici nell’informazione di massa per far capire perchè un certo tipo di comunicazione è stata privilegiata su un’ altra. Lui diceva “Se uno comprende l’informazione corretta automaticamente comprende tutto anche di quella meno corretta” e in tale atteggiamento si mostrava alla fine meno rompiscatole del sottoscritto.

Le sue pubblicazioni lui le ha fatte, anche se rivolte ad un pubblico di nicchia e chi vuole documentarsi su ciò, anche se con un po’ di fatica, può trovare testi pubblicati da lui e dai suoi allievi, ciò che non si trova in giro invece e penso che non avrò la forza io di imbarcarmici da solo, è un testo che spieghi perché la teoria di di pensiero diffusa all’ISEF di Verona fra gli anni ’80 e gli anni ’90 è rimasta appannaggio di pochi.

Mi ricordo, in una telefonata intercorsa fra me e lui alcuni  anni fa, un’ uscita un po’ mesta con riferimento all’andazzo generale del tipo; “Il vento dei cardiofrequenzimetri ha spazzato via tutto…” e non era un assurdo semplicismo ma la constatazione di come alcune correnti di pensiero abbiano trovato sistemi divulgativi, sponsor e addirittura appoggi politici per far tabula rasa dell’informazione in tema di apprendimento motorio.

Purtroppo alla fine sono elitario anch’io anche se tento di mediare la comunicazione in modo maldestro e a volte sono terribilmente grossolano. La maggior parte delle domande che arrivano sul mio sito riguarda gente che con l’attività fisica vuol diventare “grossa” oppure vuol dimagrire, questa è la realtà romanzesca e con questa devo fare i conti. Forse se avessi scritto un libro con il prof. non avrei bisogno di prodigarmi con attenzione nella formulazione di certe risposte senza offendere nessuno, solo indicando la lettura del libro. Questo libro non esiste, mea culpa, però spero di avere un po’ di tempo per far capire cosa poteva esserci scritto sopra.