IL DETTAGLIO APPLICATIVO FINALE E’ SEMPRE DELL’ALLIEVO, MA…

E ci mancherebbe che fosse altrimenti così avremmo sul campo una lunga teoria di baby sitter invece che di tecnici di sport.

Il più grande complimento che abbia ricevuto in ambito professionale me lo ha fatto una volta un atleta pazzo come un cesto che seguivo in modo molto marginale, con pochi consigli anche perché aveva una consapevolezza della sua attività che poteva essere definito quasi più un tecnico che un atleta. Lo seguivo poco, appunto, a volte per telefono e poche volte andando sul campo a trovarlo, per questo mi sentivo un po’ in colpa anche se non avevo nessun obbligo nei suoi confronti ed il senso di colpa era un po’ alimentato dalla sua passione per lo sport che mi ammoniva a dirgli tutto quanto potevo per aiutarlo a razionalizzare la sua preparazione. Non c’era il Covid, i miei corsi funzionavano tutti e non avevo certamente molto tempo a disposizione per seguirlo. Così un giorno, un po’ per sdrammatizzare questo mio atteggiamento minimalista, disse pubblicamente in presenza anche di altri soggetti ai quali ogni tanto davo consigli: “Tu non ti devi preoccupare se non sei molto spesso sul campo, perché non sei il solito tecnico che segue gli allievi come un baby sitter che dice ogni singola cavolata che deve fare l’atleta, no, tu hai a che fare con persone mature e sei …. “Il maestro delle stagioni” (e tale definizione passò alla storia) e pertanto vieni qui, senti da che parte tira il vento, ci pensi un po’ su e decidi qual’è l’indirizzo generale e lo comunichi a tutti, poi ognuno, in base al tuo suggerimento, applica sulla sua situazione personale, ma tu non ti devi occupare di quello, hai solo il compito di fare il “maestro della stagioni”.

Ho pensato spesso a questo “maestro delle stagioni” e mi sono calato fin troppo nel ruolo quelle volte che invece di consigliare il numero di ripetizioni di un  certo esercizio per tonificare un certo muscolo mi sono prodigato per spiegare perché per esempio questo è il momento per liberare i ciclisti dalle palestre. E’ quella stagione lì.

Si può anche pedalare sui rulli se c’è brutto tempo, non c’è dubbio che affrontare pioggia vento e basse temperature non faccia piacere nemmeno a chi scoppia di salute. Però è assurdo pedalare in palestra quando c’è una bella giornata perché fuori c’è troppo smog oppure perché fuori c’è troppo traffico e la possibilità che qualche automobilista ti stenda, preso dallo stress della sua giornata lavorativa troppo intensa, purtroppo è concreta e tangibile.

Qualcuno ha scritto che invece di lamentarsi della proroga delle zone rosse e arancioni bisogna pigliare la palla al balzo, sfruttare la situazione e andarsi a fare dei bei giri in bici approfittando del fatto che le strade in questi giorni di limitazioni varie sono meno incasinate di auto e più gradevoli per il ciclista. Poi tutto tornerà come prima. Ed è questo che mi fa andare in bestia e mi fa dire: “Ora o mai più!”. Se non riusciamo a capire adesso che l’organizzazione delle nostre strade in tempi normali è semplicemente folle, non lo capiremo più. E’ questo il momento di agire, prima che il Covid molli la presa. Se da un lato dobbiamo lottare per liberarci prima possibile dal Covid che sta mietendo ancora troppe vittime, dall’altro lato dobbiamo anche lottare per fare in modo che prima dell’attenuazione della pandemia si prendano quei provvedimenti necessari per rivedere completamente l’organizzazione delle nostre strade, il nostro modo di spostarci all’interno delle città e pure nelle periferie.

Per cui da “maestro delle stagioni”, quale mi sono illuso di essere per colpa di un allievo un po’ svitato, affermo che l’importante non è quanti chilometri fare, a che intensità, a che frequenza cardiaca e con che rapporto di pedalata bensì “dove” lo fate, perché se continuerete a pedalare in palestra su una cyclette ipertecnologica, anche dopo la pandemia, allora vuol dire che la pandemia non ci ha insegnato nulla.

L’allievo ha necessità di vedersi da solo i dettagli applicativi di una certa strategia di allenamento proprio per imparare a ragionare in termini di allenamento. L’allievo deve essere il primo allenatore di sé stesso ed il rapporto con il tecnico deve essere sempre franco e schietto ed improntato ad uno stile di massima sincerità. Un allievo obbediente e che dice: “Sissignore”, anche quando è convinto che l’allenatore stia proponendo un polpettone che non serve a niente, non è un allievo collaborativo e non può dare occasioni di crescita alla messa a punto delle strategie di allenamento.

Come insegnanti di educazione fisica dobbiamo avere, se vogliamo acquistare credibilità, una visione d’assieme del problema generale dell’attività motoria e pertanto occuparci anche di questioni di grande portata non solo dei dettagli applicativi di piccole questioni tecniche.

Se la sedentarietà dilagante in questa situazione non sta trovando sistemi di lotta efficaci non è colpa solo delle televisioni perché le televisioni hanno uno splendido bottone, gestito anche da telecomando, che ne regola l’accensione e lo spegnimento. Se l’ammonimento del nostro medico è di fare movimento ma con prudenza e viene interpretato nel senso che ci mettiamo solo a fare ginnastica in casa, non è colpa del medico che intendeva semplicemente di evitare i luoghi affollati e usare sempre la mascherina quando ci sono persone vicine. Evidentemente come insegnanti di educazioni fisica ci stiamo occupando che aprano quanto prima le palestre che sono una cosa importante ma senza le quali il cittadino può svolgere comunque attività fisica ed è lì che siamo assenti perché non siamo abituati ad intervenire. E’ il momento che prendiamo consapevolezza della nostra assenza in situazioni molto importanti e se troppi cittadini approfittano del Covid per continuare a fare i sedentari invece che pigliare ed andare a camminare in campagna o comunque in posti isolati ed in tutta sicurezza la colpa è anche e soprattutto nostra. I medici hanno detto che camminare in campagna non è pericoloso per la trasmissione del virus, quando incrociate qualcuno sollevate la vostra splendida mascherina ed il rischio è più basso che in casa dove anche solo l’apparizione del postino o di quello che porta la pizza d’asporto può essere potenziale fonte di rischio superiore a quella di una salutare camminata in campagna. Molti dicono che la strada di campagna non ce l’hanno a portata di mano perché abitano in una periferia sterminata di una grande città. Ed una strada isolata con tutta la buona volontà non riesci a trovarla? “Ma se è troppo isolata ho paura…” O.K. allora la trovi “mediamente” isolata, usi la tua bella mascherina e medi con tanto buon senso fra la necessità di evitare molti contatti per non rischiare il Covid e la necessità di non frequentare un luogo assolutamente deserto per evitare altri tipi di inconveniente. Queste cose le dobbiamo dire noi perché se accettiamo di essere solo i responsabili di quanto accade in palestra e godiamo malvagiamente del fatto che l’allievo senza palestra non sa assolutamente da che parte sbattere la testa, allora vuol dire che siamo decisamente miopi e perdiamo l’occasione per far capire quanti siamo importanti per la profilassi sanitaria, talvolta anche più dei medici perché il medico ti dice che devi fare movimento ma non sa che movimento proporti e non si rende conto che tu da sedentario cronico troverai pure tutti gli espedienti per fare poco movimento a casa invece che molto fuori casa.

L’allievo deve essere sincero ed avere la buona volontà di studiare i dettagli applicativi della teoria alla sua situazione. Noi in modo professionale non possiamo confinare la teoria del movimento ad un insieme di pratiche da svolgere solo in palestra perché in quel modo prendiamo in giro anche noi stessi e la nostra professionalità oltre che l’utenza.

La pandemia da delle indicazioni che non possono essere ignorate. Per esempio che il modello di mobilità delle nostre città è completamente da rivedere e questo è il momento giusto per metterci mano in modo concreto, poi che l’attività fisica non è solo quella che si fa in palestra e/o in casa e che gli insegnanti di educazione fisica devono farsi carico di questa esigenza dei cittadini fuggendo dall’etichetta di insegnanti di scuola o, alternativamente, di gestori di palestre private. No, gli insegnanti di educazione fisica sono responsabili dell’attività motoria di tutti i cittadini così come i medici sono responsabili della salute di tutti i cittadini non solo di quelli che frequentano gli ospedali o gli ambulatori privati perché sono ipocondriaci.

Se una fascia di popolazione in tema di attività motoria è lasciata in balia di sé stessa in quanto non rientrante nell’età scolare e non iscritta a nessun accidenti di palestra privata la colpa è soprattutto degli esperti del movimento che non riescono a trovare le strategie per arrivare a coinvolgere tutta la popolazione e non danno indicazioni agli enti pubblici su quali scelte sia opportuno adottare per combattere davvero la sedentarietà a tutti i livelli. In una parola dobbiamo cambiare schemi di riferimento e svegliarci fuori perchè la vera prevenzione è nelle nostre mani e ne siamo responsabili.