IL BUON ALLIEVO ED IL BUON MAESTRO

L’allenatore della nazionale di calcio Mancini con la conquista del titolo europeo si pone in una condizione piuttosto atipica nel panorama sportivo di ottimo atleta che è riuscito a raggiungere ottimi risultati anche come tecnico. Non è certamente scritto che i buoni tecnici devano essere stati anche grandi atleti e si sa che ottimi atleti a volte non hanno i numeri per diventare bravi allenatori. Anzi, a volte si pensa quasi che un atleta che è stato veramente forte non abbia i requisiti psicologici per emergere anche come tecnico: sarebbe come svuotato dai suoi grandi risultati di atleta che invece di fungere da sprone diventerebbero un limite per la fame di successo che deve essere sempre presente nella rincorsa ad un grande risultato sportivo.

In questo senso il buon Mancini ha giocato una grande umiltà affermando alla vigilia della finale dei recenti europei che lui era molto motivato verso la conquista di quel titolo perché da giocatore, pur essendosi preso grandi soddisfazioni, non è riuscito a vincere molto. Ebbene, lungi da me tentare di capire se sia stato più forte il Mancini atleta o il Mancini tecnico, per essergli da sprone potrei dire che il Mancini calciatore non ha avuto la platea che ha avuto il Mancini tecnico e pertanto potrei dire, ma solo con la finalità di spronarlo a fare ancora meglio come tecnico, che forse è stata valutata di più la sua opera come tecnico in quanto più sovraesposto che non come calciatore. Giro la frittata, io dico che visto che come calciatore è stato grandioso e non compreso fino in fondo nel suo talento, per togliere ogni dubbio sul fatto che come tecnico sia allo stesso livello… deve fare ancora meglio.

Lasciando perdere questa disputa vorrei soffermarmi sul fatto che come non è detto che il buon allievo sia anche un buon maestro può accadere che il buon maestro non sia stato un buon allievo. La prima è più facile da capire: basta non avere talento come insegnante e viene a mancare la capacità di trasferire cose che individualmente sono state acquisite ma non si è in grado di far imparare. Ed imparare ad insegnare non è per nulla facile. Così come si dice che il buon giocatore può essere un talento innato che con l’allenamento perfeziona solo un qualcosa che c’è già nelle sue corde anche il buon maestro può essere un talento innato e non è che esistano delle tecniche di sicuro successo per trasformare un cattivo maestro in un buon maestro.

Tale ragionamento può filare anche secondo una sua logica ma si continua a non capire come possa il buon maestro essere stato un cattivo allievo, com’è possibile che un atleta che in una certa disciplina sportiva (ma anche un artista o un insegnante di scuola) è stato un vero disastro nella stessa disciplina possa diventare un ottimo insegnante.

Questa cosa faccio un po’ fatica a spiegarla e forse è una mia convinzione che non ha una spiegazione razionale ma provo comunque a lanciarmici sopra. Intanto un discorso squisitamente motivazionale. Lo stesso discorso che ha fatto Mancini con una grande umiltà e che nel suo caso è un po’ tirato perché comunque lui è stato indubbiamente un grande campione del calcio. Se uno è stato un autentica schiappa e pur con tutto l’impegno possibile non è mai riuscito a ottenere risultati significativi davvero ha una grande motivazione a vincere. Non solo, ma è in una condizione di umiltà che è un ottimo presupposto per ottenere grandi risultati come allenatore. Qualsiasi risultato ottenga la sua squadra o gli atleti che lui allena avrà un certo significato perché il confronto con i suoi risultati agonistici sarà certamente positivo.

Poi allenare e trasmettere informazioni è un’ arte e per assurdo può essere più efficace chi sa poco o niente ma riesce a trasmettere con successo quel poco o niente di chi sa tutto ma non sa trasmettere proprio nulla di quel tutto. In ogni caso, si dirà, l’allenatore “ignorante” fa fatica ad insegnare. Ed è qui che gioco il mio anatema. Non è importante che il gol lo faccia l’allenatore ma che lo faccia il giocatore. E’ il giocatore che deve imparare a fare il gol, non l’allenatore. Traslato all’insegnamento un’ ottimo insegnante di storia tante cose può anche non saperle. E’ un ottimo insegnante se alla fine del corso di storia i suoi allievi sapranno anche quelle cose che lui non sa. Se al contrario della storia sa tutto lo scibile umano ma a fine corso i suoi allievi non sanno ancora una beata fava allora non è un buon insegnante.

Insomma all’insegnante occorrono delle doti che al giocatore non occorrevano (e viceversa) e non sono per niente due mestieri sovrapponibili. Su questa cosa del “mestiere” si può fare un’altra osservazione. Viene istintivo pensare che quello di giocatore o di allievo non sia un mestiere e lo sia sempre quello di maestro, allenatore, insegnante. Per conto mio il vero insegnante sa giocare con l’insegnamento ed è quella la sua grandezza. In un mondo dove si tende a dire che anche fare l’allievo è una professione (guardate gli studenti italiani contemporanei: sembrano tutti dei “professionisti” dello studio) io dico esattamente l’opposto: se vogliamo che il processo di apprendimento abbia successo e vada a buon fine non solo l’allievo (cosa imprescindibile) deve saper giocare con l’apprendimento ma anche il maestro e questa cosa non è certamente scritta sul contratto di lavoro ma per conto mio è fondamentale perchè si possa ottenere il massimo dalla relazione educativa.

Arrivo a sostenere che se l’insegnante è solo un professionista o anche l’allievo si pone in quell’atteggiamento (come purtroppo molte volte accade nella società contemporanea) oppure la relazione educativa non è equilibrata, è noiosa e si svolge su un piano superficiale dove le informazioni viaggiano in una sola direzione dall’insegnante verso l’allievo con profonda noia per entrambi.

Pertanto il mestiere (o il gioco…) di allievo e quello di insegnante sono due ruoli molto diversi ma devono essere comunque animati entrambi da un grande entusiasmo, una grande umiltà ed una disponibilità ad imparare sempre, in ogni momento e da chiunque. Se ci sono tali presupposti anche l’insegnante ignorante può diventare un ottimo insegnante mentre mi va di dire che con tali presupposti l’allievo non è ignorante nemmeno al giorno zero del suo percorso di studi. Umiltà ed entusiasmo sono gli ingredienti essenziali per imparare e quando ci sono quelli si è già a buon punto.