EDELMAN E LO SPORT

Mi sono cacciato in un vicolo cieco a citare nientepopodimenoche Edelman per spiegare sinteticamente il mio punto di vista sull’attività motoria e temo che il noto biologo si rigiri nella tomba se ha sentore di quanto ho scritto su queste note coinvolgendolo.

Semplificando in modo maldestro ho affermato che il miglioramento del gesto motorio può avere una ricerca più efficace se consideriamo le informazioni motorie più che le variazioni strutturali potenzialmente derivanti dalla nostra pratica fisica. Edelman si rigira nella tomba perché pur avendo capito il senso sostiene fermamente come ogni informazione motoria porti con se una variazione strutturale importante, anzi la vera variazione strutturale, quella che dura nel tempo e per certi versi può essere considerata irreversibile.

Da quel che mi risulta Edelman non ha mai trattato di sport ma se lo avesse fatto probabilmente si sarebbe scagliato contro la mania di preparare in palestra con un grande ricorso alle esercitazioni di forza sport che non necessitano di un grande incremento della forza.

La variazione strutturale che richiama Edelman e che io ho avuto il cattivo gusto di catalogare sotto la voce “informazione motoria” per distinguerla in modo netto da quelle variazioni strutturali molto evidenti che si provocano con l’attività di palestra è in realtà una variazione pressochè invisibile ma significativamente importante perché innesca un processo praticamente irreversibile.

Il muscolo che si gonfia a dismisura sarà anche una cosa inutile e talvolta addirittura fattore di peggioramento delle prestazioni sportive (per aumento della densità muscolare e di volumi che ostacolano la fluidità nell’esecuzione di alcuni compiti motori) ma per certi versi è almeno parzialmente reversibile e anche se netta ed innegabile variazione strutturale può regredire almeno parzialmente ad uno stato precedente interrompendo un certo tipo di preparazione e magari iniziandone una di segno diverso.

Al contrario la variazione strutturale conseguente alla scoperta di nuovi circuiti nervosi, grazie all’elaborazione di particolari informazioni motorie può pure avere carattere irreversibile perché lì stiamo trattando di sistemi molto più complessi di adattamento motorio.

Insomma facciamo di più quando sembra di non aver fatto quasi nulla. La capacità di andare in bicicletta svanisce solo quando il nostro fisico non ce la fa più proprio a dare nemmeno un minimo di impulso sui pedali perché è una dote nervosa più che fisica. La capacità di imprimere una potenza mostruosa sulla singola pedalata per lanciare una volata incredibile in una gara svanisce in un amen, appena le doti di forza regrediscono ad un livello normale. Il circuito nervoso del gesto non si cancella, la forza che ci permette di erogare una certa potenza sui pedali torna indietro rapidamente.

Allora quella che io maldestramente ho chiamato “informazione motoria” si scopre che è una “variazione strutturale” ancora più variazione strutturale dell’altra solo che invece di riguardare i muscoli ed essere altamente visibile riguarda i circuiti nervosi e, come tale, è praticamente invisibile.

Per non far arrabbiare Edelman avrei dovuto scrivere che le variazioni strutturali da ricercare per migliorare di più nell’affrontare compiti motori complessi per conto mio sono quelle di tipo nervoso, praticamente invisibili e non quelle di tipo muscolare, molto visibili.

In sintesi hai voglia a ricercare il miglioramento di una capacità motoria complessa solo in palestra a sollevare continuamente pesi. Ben che vada otterrai un buon incremento della forza, molto visibile grazie ad un vistoso incremento delle masse muscolari ma non avrai migliorato di nulla la tua capacità di svolgere con precisione un ben determinato compito motorio.

Un atleta del salto con l’asta che si prepara solo in palestra forse migliorerà la sua capacità di caricare aste sempre più performanti ma continuerà a ripetere errori nel salto che lo terranno a livelli prestativi non accettabili.

Purtroppo Edelman non si è occupato di sport e non ha avuto la possibilità di sviluppare questi concetti che avrebbero fatto molto bene alla teoria e metodologia dell’allenamento sportivo.

Accade, al contrario, che certi soggetti privi delle cognizioni tecniche per fare certe ipotesi abbiano la pericolosa fantasia per farle e così io non solo affermo che sia utile considerare Edelman per capirci un po’ in tema di approccio all’attività motoria ma mi spingo molto più in là in modo catastrofico senza ritegno e approfittando del fatto che essendo letto da una elite di personaggi strani posso scrivere praticamente senza censura.

Lo sport è molto più pericoloso per questo tipo di società rispetto alla scuola perché nello sport si impara ad imparare e si creano i presupposti per scoprire capacità del nostro fisico e del nostro cervello che altrove non ti insegnano ad analizzare e a migliorare.

A scuola non si impara quasi nulla se non ad incrementare quel “serbatoio contieni nozioni” la cui capacità è determinante per superare i vari gradi di istruzione scolastica ma negli anni dalla scuola primaria (dove forse, tutto sommato si ragiona un po’ di più) ai livelli superiori di istruzione si continuano a buttare dentro informazioni a valanga da ritrasferire nei test a crocetta o in interrogazioni asettiche con insegnanti poco interessati a ciò che hai da raccontare di nuovo.

Al contrario nello sport c’è continua evoluzione autentica e ti costringe a pensare altrimenti questa evoluzione dopo un po’ rallenta e non garantisce più risultati soddisfacenti. Nello sport si è costretti a pensare ed a rivedere continumente i propri schemi motori. Se buttiamo solo dentro informazioni in modo paziente ma non critico semplicemente obbedendo ad un allenatore che detta le regole facilmente andiamo incontro ad infortuni da sovraccarico funzionale, otteniamo miglioramenti saltuari e molto lenti e finiamo per alimentare quel processo diffusissimo ed endemico che è l’abbandono precoce della pratica sportiva. Quasi tutti dicono che abbandonano per colpa dello studio, del lavoro o della famiglia ma voglio vedere, tornando all’affascinante salto con l’asta, se un’astista che a 22 anni salta 5 metri e mezzo si inventa la scusa della tesi di laura, del lavoro incombente e della famiglia e rinuncia alla possibilità di approdare a misure ancora superiori per non “perdere tempo” sulle cose nelle quali la società preme fortemente secondo la logica dello stress.

Lo sport aiuta a combattere lo stress perché nello sport con la fretta non si fa nulla. Nella maggior parte dei casi un atleta che tronca la carriera a 21-22 anni è un atleta che ha rinunciato per sempre a vedere quanto poteva raggiungere in una certa disciplina sportiva.

La maggior parte dei ragazzi contemporanei studiano fina a 23, anche 25 anni ma abbandonano la pratica sportiva vera verso i 16-17 anni. Chissà cosa ne avrebbe pensato Edelman…