DETERMINAZIONE DELL’OBIETTIVO: PRO E CONTRO DELLA SCELTA PRUDENZIALE

Tutto è individuale: provate a spiegare che la terra è rotonda ad un “terrapiattista” con i soliti metodi, continuerà a dirvi che non capite niente e che siete un credulone anche voi come tutti gli altri. Evidentemente il problema non è la rotondità della terra né la validità della spiegazione riferita alle persone normali. Il problema è che il concetto di normalità è un concetto molto vago e ci sono persone alle quali le cose devono essere spiegate in modo che può sembrare “non normale” per il semplice motivo che non siamo tutti uguali. Se è più importante la persona del metodo di spiegazione ci adattiamo pure a trovare metodi di spiegazione piuttosto poco ortodossi per non offendere la persona e raggiungere l’obiettivo del trasferimento dell’informazione corretta. Altri piuttosto intransigenti che rispettano poco le individualità dicono che il destinatario dell’informazione deve “allenarsi” ad apprendere in modo tradizionale perché quello è il suo vero problema e non il fatto che la terra sia piatta o meno.

Non è difficile a questo punto capire che la premessa alla domanda “Qual’è la più logica e razionale determinazione di un obiettivo sportivo (ma anche non sportivo…)?” non può prescindere da una controdomanda che fa semplicemente così. “Per chi ?”. Perchè come per spiegare che la terra è piatta dobbiamo in primo luogo sapere chi abbiamo davanti anche per stabilire un obiettivo sportivo (ma anche non sportivo…) dobbiamo in primo luogo renderci conto chi è il destinatario di quella proposta.

Insomma un obiettivo decisamente razionale che può andare proprio benone per un certo tipo di personaggio può non andare altrettanto bene, nonostante che sia veramente razionale, per un altro personaggio con caratteristiche psicologiche diverse e non è certmente necessario essere matti o terrapiattisti per beneficiare della formulazione di un obiettivo che non è del tutto razionale.

Schematizzando in quelle astrazioni che sono sempre un po’ folli su questa materia dove si dovrebbe disquisire solo di personaggi veri e non di “figure ipotetiche” ma solo per la necessità di trasferire un concetto, tendenzialmente il soggetto con tratti psicologici razionali, calmo abbastanza propenso al calcolo e a scelte misurate, è certamente propenso a rincorrere un obiettivo sportivo razionale definito prudente e, tutto sommato abbastanza facile da raggiungere. Tale soggetto trarrà soddisfazione solo dal semplice avvicinamento a quella tappa nel verificare la prevedibilità dell’evento e la corretta previsione delle tappe di avvicinamento.. Una volta raggiunto l’obiettivo, anche se non stratosferico sarà contento di almeno due cose. La prima, ovviamente è il raggiungimento dell’obiettivo, la seconda è una cosa che può anche non riguardare per niente l’atleta ed è più una cosa da allenatore ed è quella di aver centrato con una scelta razionale il giusto obiettivo da perseguire. In breve l’atleta è contento sia per il risultato sportivo che per la scelta tecnica e si trova propenso a rideterminare un altro obiettivo con lo stesso criterio prudenziale perché così gli va benissimo. Per quel tipo di atleta ci sono solo pro nella scelta di un obiettivo abbordabile, prudente e facilmente raggiungibile. Forse ci potrebbe essere un contro che viene certamente subito evidenziato da chi parteggia per la fazione opposta che è il fatto concreto, reale ed effetivametne possibile che quel tipo di atleta comportandosi così non sonda praticamente mai i suoi veri limiti sportivi perché ci è sempre un pelo sotto, non andando in “fuori giri” in realtà non sa nemmeno dove sia collocato con precisione questo “fuori giri” per il suo fisico e può solo ipotizzarlo, magari anche sulla base di dati oggettivi ma non per esperienza diretta. L’atleta prudente vi dirà che a lui di questa cosa non gliene frega proprio niente e che al contrario è proprio contento di non provare mai il fuorigiri per non rischiare un ipotetico sovraccarico funzionale che può anche essere causa di infortuni.

Dall’altra parte della barricata c’è il personaggio impulsivo, fantasioso, sanguigno e che investe le emozioni nello sport in un certo modo, ad impulsi. In Italia di questi personaggi ce ne sono un tot. e all’estero, forse ingiustamente, ci vedono tutti così, più inclini e cedere alle passioni vuolente che non al fascino della razionalità.

Ebbene un obiettivo razionale e facilmente raggiungibile, che per certi versi può avere pure addirittura una validità scientifica, per questo tipo di soggetto può essere addirittura controproducente, inutile e fonte di noia nell’attività sportiva. Questo soggetto, a costo di essere preso in giro o quasi, ha bisogno di favole, di sogni e grazie a queste riesce a portare avanti con entusiasmo la sua attività sportiva e grazie a questo riesce ad ottenere risultati che in altro modo non otterrebbe. Quasi mai arriva a centrare l’obiettivo fantastico che si prefigge ma ottiene comunque risultati significativi e li ottiene grazie anche e soprattutto alla formulazione di questo obiettivo assolutamente insensato.  Insensato per un atleta “normale” (anche qui definire il concetto di “normalità”, grazie…) ma non per lui che ha bisogno di stimoli forti. Quando si rende conto che l’obiettivo non potrà essere raggiunto non crolla perchè sotto, sotto si era già reso conto che l’impresa era quasi impossibile ed è comunque contento di averci provato.

Per assurdo i due atleti possono essere arrivati entrambi alla fine allo stesso risultato, che so, per esempio due metri nel salto in alto. Il primo è contento perché è arrivato a quei 2 metri che sapeva di poter raggiungere e l’obiettivo di approdare a misure superiori non ha mai nemmeno sfiorato la sua testa, il secondo non è tanto contento di aver fatto due metri che reputa una misura piuttosto facile da ottenere ma è contento perchè nell’avvicinamento a 2 metri e dieci che era il suo reale obiettivo sono andate storte solo poche cose che hanno reso impossibile la realizzazione del sogno. Nella creazione degli obiettivi futuri il razionale potrà benissimo mettersi a ragionare in termini di 2 metri e 5 mentre il fantasioso dovrà mettersi in testa magari 2 metri e 15 se non addirittura 2 metri e 20 perché lui che ha appena fallito per poco due metri e dieci cosa sta lì a ragionare in termini di due metri e cinque. E probabilmente l’anno dopo si troveranno tutti e due a valicare i 2 metri e 5 ma  con ambizioni diverse.

Pertanto i pro ed i contro di un certo obiettivo agonistico devono essere valutati soprattutto considerando il tipo psicologico di atleta al quale sono desitnati.

Se io propongo un obiettivo irraggiungibile ad un soggetto razionale lo stronco subito nel momento in cui lo metto di fronte ad un compito quasi impossibile, mi mangio la fiducia nei suoi confronti perchè comincia a dubitare della mia capacità di leggere la realtà e me la mangio del tutto nel momento in cui l’obiettivo viene mancato e dimostro di aver proposto un qualcosa di poco razionale. A quel punto l’atleta è doppiamente deluso, o cambia tecnico oppure rischia addirittura di mollare la carriera agonistica.

Al contrario l’impulsivo non può essere castrato nella sua capacità di sognare da obiettivi troppo razionali e non parte nemmeno nell’impresa se non gli si racconta che c’è anche la possibilità di fare meglio. Questi ha bisogno di puntare in alto perchè altrimenti non ci si mette nemmeno.

Pertanto siccome la determinazione dell’obiettivo inficia certamente l’approccio psicologico a tutta la preparazione è proprio il caso di pensarci un po’ su prima di sparare numeri a caso e comunque bisogna essere sempre consapevoli dell’individualità del tipo che andiamo ad allenare e capire che anche in questo caso ciò che ha funzionato bene per un certo tipo di atleta non è detto che funzioni molto bene per tutti.

Concludendo con due considerazioni astratte ma non troppo, forse, per il tecnico approcciare il razionale è meno difficile: quando a questo gli dici per filo e per segno come stanno le cose prende fiducia in te e difficilmente ti dice che se la cosa sta in quei termini non ci prova nemmeno. Animato da una grande umiltà si mette pazientemente a svolgere il compitino e poi quando ottiene il risultato anche se sa che non hai fatto miracoli è comunque contento del tempo che gli hai messo a disposizione. Con il fantasioso impulsivo la questione è un po’ più complessa  anche se bisogna ammettere che è molto più propenso a perdonare clamorosi errori in fase di programmazione. Poi, in genere, questo personaggio è  animato dalla voglia di vincere più che di ottenere una certa prestazione e se per qualche motivo il suo rivale diretto si mette a volare più in alto è decisamente propenso a cambiare gli obiettivi anche in corso d’opera pur di vincere. Diciamo pure che è un artista incontrollabile con tutti gli annessi e connessi della faccenda. Fra questi due estremi una miriade di tipi psicologici che il tecnico deve aver la capacità di decifrare e comprendere. Indubbiamente la proposta di attività sportiva non può essere fatta con lo stampino e deve essere altamente individualizzata. Per dire ci sono pure i terrapiattisti e se per confutare il loro punto di vista dici che basta pigliare un paio di aerei per tornare nel punto di partenza andando sempre dritto per un giorno o poco più  si arrabbiano. Per dirvi come la penso io se l’atleta ha molta voglia di allenarsi (e quello è requisito fondamentale più ancora che il talento) fra un salto e l’altro starò pure a disquisire di come la terra possa essere piatta e se la sua condizione affinché possa allenarsi è che io stia a questo gioco continuo a starci. Poi quando si tratterà di portarlo alle Olimpiadi e alle gare internazionali e girando con l’aereo intorno alla terra comincia a sospettare che sia terribilmente tonda , dovremo informarlo bene sul rischio che la terra non sia effettivamente piatta, ma questo non prima di averlo messo in grado di saltare in modo da poter girare la terra gratis o, meglio ancora, pure rimborsato per la “perdita di tempo”. Questione di metodi, questione di scelte.