COSE ESSENZIALI

La gente in giro per l’Europa protesta. Protesta anche chi se la sta cavando meglio di noi. In effetti noi eravamo già un po’ allenati a passarcela male e forse per noi il contraccolpo non è stato traumatico come per altri che stavano meglio di noi. Da noi la disoccupazione non ce la siamo inventata con il Covid era già ben presente prima.

In tale contesto di disperazione a volte mi sento fuori luogo a lamentarmi per i fasti e nefasti dell’attività motoria perché ci sono cose ancor più gravi che funzionano molto male.

Facendo una classifica sommaria delle cose importanti il diritto al movimento non sale nemmeno sul podio perché al primo posto c’è certamente il diritto a non crepare di fame, cosa che in certi posti del mondo è ancora un lusso. A breve distanza arriva il diritto ad un tetto, poi quello ad un lavoro umano e non bestiale e forse in quarta posizione (ma per alcuni ancora dietro) il diritto ad una sana attività fisica. Io sostengo sempre che, sia in quarta posizione o in quarantottesima, il diritto ad una sana attività fisica è certamente più urgente ed importante di quello di poter andare in automobile. Molti fanno coincidere il diritto ad andare in automobile con quello a lavorare ma è una balla pazzesca perché le due cose non sono per nulla coincidenti e non è assolutamente vero che se si riorganizza la società togliendo i privilegi anacronistici all’automobile restiamo tutti disoccupati.

E’ chiaro che se il diritto ad andare in automobile viene ritenuto ancora più importante del diritto al movimento vuol dire che siamo in una società che ha perso un po’ di vista alcune priorità.

La gente protesta per l’obbligo di mascherina e per le restrizioni anticovid. Tempo fa protestavano per il prezzo della benzina. Evidentemente le idee sono un po’ confuse. Il problema non è la mascherina, non sono le restrizioni anticovid, così come tempo fa non era il prezzo della benzina. Il problema è che non c’è lavoro e molte occupazioni sono retribuite in modo decisamente insufficiente. Arriva una pandemia e tutti vanno in crisi, così come prima era stato sufficiente aumentare il prezzo della benzina per creare tumulti.

La gente non protesta perché i posti nelle terapie intensive degli ospedali sono pochi, protesta perché vuole lavorare anche in momenti nei quali il Covid rende il lavoro impossibile. Praticamente alla gente della salute non gliene frega niente perché è troppo impegnata a racimolare il danaro necessario per vivere, per mangiare, per pagarsi un tetto, chi se ne frega del rischio covid, quello è un rischio mentre la disoccupazione è una certezza.

La vera aberrazione della società è proprio ciò per cui si protesta e come si protesta. Si protesta violentemente per cose che alla fine mantengono sempre gli stessi equilibri sociali, praticamente si manifesta violentemente per niente. Parafrasando i film di Checco Zalone quando vedo gli scontri dei manifestanti con la Polizia mi pare di vedere le partite IVA contro i posti fissi. I posti fissi sono rappresentati dalla Polizia ed in certe situazioni sembrano addirittura dei privilegiati. Io, in certe situazioni se fossi un poliziotto mi denuderei e consegnerei la divisa ai manifestanti dopo di che, invitandoli a passare dall’altra parte della barricata, comincerei a menarli a pugni nudi per far vedere come è bello risolvere le cose con la violenza. Chiaramente non potrei fare il poliziotto.

Non ci sta, nella protesta sociale, la richiesta di un modello più equo, senza la giornata di dodici ore di lavoro, senza la benzina essenziale perché se aumenta prendi il mezzo pubblico. Siamo in un’ottica diversa dove pur di lavorare si lavora anche sottopagati e 12 ore al giorno ma non ci si può fermare nemmeno durante la pandemia e dove se il prezzo della benzina aumenta siamo tutti fregati perché senza auto non si va da nessuna parte, le città senza auto non le hanno ancora progettate e sono una capricciosa idea del futuro.

Se è capricciosa tale idea figuriamoci quanto è pretestuosa ed utopistica una società dove tutti lavorano il giusto e non zero oppure dodici ore al giorno. Dove dopo sette o otto ore di lavoro umano ti sogni di praticare un po’ di sana attività fisica quotidiana e dove, a quel punto, se c’è da manifestare qualcosa non te la prendi con i posti fissi (la Polizia) che non sono certamente quelli che ci guazzano in una situazione sociale ad alta tensione.

In Italia stiamo reagendo meno violentemente che in altri paesi. Non so se è perché abbiamo già visto i film di Checco Zalone, oppure se è perché qualcuno prima che arrivassero i ristori prendeva paghe che erano peggio ancora dei ristori che sono tutto dire, o se ancora è perché grazie alle misure anticovid in qualche modo si riesce ad andare per le strade anche a piedi e in bicicletta. Se è per quest’ultima cosa vuol dire che siamo davvero quelli messi peggio di tutti. Abbiamo delle città almeno parzialmente vivibili sono quando arriva il covid. Peggio di così si muore.