Commento a “Smontare il culto della fatica”

“In effetti pare che lo sport insegni ad affrontare la fatica più che ad evitarla e pertanto un accostamento fra sport e necessità di smontare il culto della fatica per vivere meglio può apparire un po’ contraddittorio. Fra l’altro nello sport, soprattutto di alto livello, è molto celebrato il concetto di Patria con tanto di inni nazionali che suonano negli eventi più importanti.

Insomma una rivisitazione del culto della fatica pare dover fare i conti anche con un concetto poco tradizionale di sport. Almeno è opportuno far riferimento ad un modello di sport per tutti più che ad un modello delle squadre nazionali. Ed allora, in tal senso, lo sport che insegna a liberarsi dalla fatica e non a subirla in ogni circostanza è certamente quello per tutti e non quello che passa per televisione. Come minimo dobbiamo ammettere che non esiste solo un modello di sport e quel modello che celebra la fatica non è assolutamente passato di moda”

Io sostengo sempre lo sport per tutti, è quello che ci insegna a vivere in modo equlibrato e ci da gli strumenti per aprire gli occhi e capire bene per cosa vale la pena investire il poco tempo che abbiamo a disposizione su questo pianeta.

Trattando di sport televisivo mi piace citare Francesco Panetta, forte atleta dei 3000 metri siepi, capace di correre molto forte anche sui 5.000 e 10.000 metri. Panetta ha vinto un bel po’ di medaglie nella sua carriera, soprattutto nelle siepi, ma la notorietà al grande pubblico l’ha avuta proprio in seguito ad un gesto “televisivo” di forte impatto. Agli europei di Helsinky del 1994 aiutò a rialzarsi da terra Alessandro Lambruschini che era malamente inciampato sulla riviera. Poi Lambruschini vinse il titolo e Panetta non riuscì ad andare sul podio. Ecco, il tipo di fatica fatta da Panetta quel giorno è stata una fatica particolare, non certo quella di aiutare Lambruschini a rialzarsi visto che il siepista toscano pesava forse 60 chili a stomaco pieno. Parlando di fatiche, Panetta ne faceva certamente molte in allenamento ma le faceva per fare poi meno fatica in gara e riuscire a resistere nel finale ad atleti che forse erano anche più veloci di lui ma che arrivavano più affaticati di lui all’ultimo giro della gara dei 3000 siepi. Panetta, atleta capace di grandi fatiche, forse la fatica più grande non l’ha mai fatta e nessuno gliela contesta, perché non molti sanno che quel siepista in realtà sarebbe stato anche un atleta in grado di stravolgere il panorama della maratona italiana e se davvero fosse stato un cultore della fatica forse adesso sarebbe ancora primatista italiano della maratona avendola segnata in modo netto. Invece Panetta a fine carriera ha fatto solo un veloce passaggio sulla maratona, facendo capire che aveva tutte le carte in regola per fare grandi cose ma decise giustamente di non immolarsi per la Patria. Il grande atleta è anzitutto una persona equilibrata che capisce le fatiche che è giusto fare e quelle che non è opportuno fare.

Francamente mi da un po’ fastidio quando le telecamere indugiano (è successo più volte) su qualche atleta, soprattutto nelle lunghe distanze, che sta facendo fatiche non del tutto fisiologiche per portare a termine la competizione. Non so quanto quegli eroismi facciano del bene allo sport.

La fatica si fa normalmente in tante cose dell’esistenza. Si fa anche nello sport e non è necessario vantarsi di essere capaci di farne gran tanta come non è nemmeno giusto sbandierare ai quattro venti una grande capacità prestativa senza un minimo di fatica per non irridere l’avversario. Per conto mio nello sport studiamo come razionalizzare al meglio la fatica per semplificarci i vari compiti motori e in questo studio deve starci anche la possibilità di razionalizzare il nostro tempo per praticare lo sport che prima ancora che fatica è divertimento e salute.

La vita è certamente faticosa ma non è solo fatica altrimenti non sarebbe nemmeno troppo divertente viverla. Uno dei nostri obiettivi è che possa essere divertente per tutti. Per questo proponiamo e predichiamo lo sport per tutti. Per questo bisogna passare dall’esistenza dignitosa per tutti dove non può essere proponibile un lavoro che ti toglie ogni possibilità di svago per darti ciò di cui hai bisogno per vivere. Il culto della fatica può andare bene in televisione, nella realtà di tutti i giorni non funziona molto bene.