Commento a “Psicologia fisiologica” etc. etc.

“Per certi versi sei ottimista, per altri pessimista. Sei ottimista quando pensi che lo studio della psicologia fisiologica applicata al movimento avrebbe potuto aprire nuovi orizzonti alla teoria dell’allenamento sportivo ma sei pessimista quando analizzi mestamente ciò che invece è stato.

Devi capire se è nato prima l’uovo o la gallina perché secondo te la metodologia dell’allenamento sportivo è stata inquinata troppo negli ultimi trent’anni dalla medicina dello sport ma ignori che senza di questa forse avremmo potuto assistere a vere a proprie stragi di atleti se pensiamo su che binari si erano orientati i protocolli di allenamento già trent’anni fa. La medicina dello sport è venuta in soccorso a metodologie di allenamento folli che senza controllo medico avrebbero potuto scompensare una gran parte degli atleti che si sottoponevano a quei regimi di allenamento. In quel senso la medicina dello sport non ha fatto danni ma ha solo tamponato una falla. L’errore non era ricorrere alla medicina per porre rimedio a preparazioni colossali in volume ma la presunzione di proporre quel tipo di allenamento. Pertanto, vista dalla tua parte, è stata una invasione da parte della categoria dei medici di un campo che non era il loro ma vista dall’altra parte si è resa necessaria questa collaborazione perché i tecnici sono un po’ impazziti ed hanno iniziato a proporre preparazioni non umanamente sopportabili senza controllo medico. Se l’atleta diventa un paziente la colpa non è del medico che lo segue ma del tecnico che lo fa diventare un paziente.

Quando parli di antidoping come di “sistema di controllo di tipo chiuso e selettivo” a mio parere viaggi un po’ troppo con la fantasia e ti scagli in modo preconcetto contro un’istituzione che ha la funzione di tutelare la salute degli atleti e certamente non di minarla. E’ chiaro che i medici intervengono con farmaci che non danno positività all’antidoping, sarebbero scemi ad agire diversamente, ma non per questo puoi definire l’antidoping un sistema “chiuso”. La lista delle sostanze vietate non è segreta, è disponibile per tutti e che chi usa i farmaci di testa propria venga pescato positivo è più che sacrosanto. Semmai, da un punto di vista morale, c’è da chiedersi se è giusto che chi usa i farmaci in un certo modo venga squalificato e chi li usa in un altro modo non sia sanzionabile perché quel sistema è del tutto regolare. Ma qui torniamo al discorso di partenza: non sono i medici ad andare a caccia degli atleti per proporre chissà quale trattamento, sono gli atleti che si vanno a cacciare nei guai con preparazioni esagerate e dopo hanno bisogno di assistenza medica.

Il tuo ottimismo sulle frontiere della psicologia fisiologica è forse esagerato ed è bello pensare che se avessimo sviluppato quegli studi forse saremmo riusciti ad evitare preparazioni colossali per gli atleti e ad aggirare tutta la problematica del controllo medico ma probabilmente non sarebbe stato così. In ogni caso lo sport è anche un business e pure il business ha i suoi tempi. Può esistere un allenatore che punta tutto sulla psicologia fisiologica ma non può essere un allenatore di campioni perché dai campioni si vogliono risultati certi e non esperimenti su nuove teorie di allenamento…”

 

Nessuno, quaggiù, ha la Verità in tasca e non pretendo certamente di averla io. Sono un po’ illuso in effetti sul fatto che la teoria dell’allenamento sportivo avrebbe potuto prendere altre strade. C’erano tutti i presupposti perché potesse prendere altre strade. Forse abbiamo solo avuto fretta di ottenere risultati. Il carrozzone dello sport spettacolo ha le sue regole e non può attendere che vengano messe a punto nuove strategie di allenamento. Io dico che, tutto sommato, almeno a livello di record’s certi sport non hanno avuto l’evoluzione che ci si poteva attendere. Poi questa è tutta dietrologia, è difficile dire cosa avrebbe potuto essere se avessimo studiato di più il Sistema Nervoso Centrale e meno i sistemi di incremento delle doti condizionali degli atleti. La via percorsa fino ad ora non è detto che deva essere la stessa che si percorrerà nei prossimi trent’anni. La cosa un po’ strana è che mentre negli anni ’70 si pensava che nuovi scenari avrebbero fatto da sfondo alla teoria dell’allenamento, adesso, dopo decenni di calma piatta, siamo a sospettare che si farà così ancora per molto. Con un moto di ottimismo posso solo che dire che come ci siamo sbagliati allora ci potremmo sbagliare anche adesso e allora, forse, siamo davvero all’alba di un nuovo modo di intendere la preparazione sportiva, più “umana” e meno freneticamente legata alle logiche dello sport spettacolo.