Commento a “PREVENZIONE PRIMARIA E PREVENZIONE SECONDARIA”

Qualche perplessità ha suscitato il mio recente articolo su “Prevenzione primaria e prevenzione secondaria”. In particolare mi è stato imputato di fomentare un eventuale attrito fra insegnanti di educazione fisica e medici. “Se esistono delle conflittualità su alcuni punti fra classe medica ed insegnanti di educazione fisica, sul tuo sito non fai altro che pubblicizzarli ed ingigantirli” mi è stato detto, “in tempi dove fra chi si occupa di attività motoria e chi si occupa di medicina una stretta collaborazione non è più solo auspicabile ma strettamente necessaria anche per razionalizzare i costi della spesa pubblica, il tuo atteggiamento è quanto meno anacronistico…”

 

Come sempre con la coda fra le gambe, provo a porre rimedio al disastro perpetrato sperando che, come si dice in veronese “el tacon nol sia peso del buso” (che il rimedio non sia peggio del danno originario).

Io ho una profonda stima dei medici e se questo non è emerso da quell’articolo è già un primo grossolano errore. Non farei mai il medico, non ho assolutamente le doti per farlo e non li invidio assolutamente. Loro hanno a che fare con i malati ed io ho a che fare con i sani, c’è una bella differenza. A volte chi vuole impreziosire il mio lavoro, dargli importanza e darmi un alone di santità che non mi merito assolutamente mi dice: “Ma insomma sempre anziani, ti occupi quasi esclusivamente di anziani in un settore nel quale la maggior parte dei tuoi colleghi si occupa quasi esclusivamente di giovani… non ti annoi ?” Ed io rispondo: “Con gli anziani mi trovo benissimo, se fossero tutti da casa di riposo potrei avere qualche problemino con quelli che purtroppo hanno perso la lucidità ed hanno alcune difficoltà di comprensione, la maggior parte di essi non ha assolutamente di quei problemi, sono tutti molto spiritosi e mediamente molto meno stressati dei soggetti più giovani.”

La riflessione che ne consegue è “allora i medici dovrebbero impazzire perché hanno costantemente a che fare con persone malate…”. A volte anch’io ho a che fare con persone che sono quasi più “pazienti” che semplici “utenti” ma, essendo in terza età, hanno una disposizione verso la malattia che è certamente meno devastante di quella di un giovane che non sopporta e non accetta assolutamente la malattia.

Spero che basti questo a sgombrare il campo dall’ipotesi che io non apprezzi sufficientemente la classe medica.

Non solo, sono fermamente convinto che un anello fondamentale della catena della prevenzione sia quello dei medici di base e che sia assolutamente il caso di ritornare a dare una grande importanza al ruolo del medico di famiglia come si faceva qualche decina di anni fa.

Opinione del tutto personale, la medicina specialistica, la diffusione degli esami strumentali su vasta scala hanno un po’ offuscato la centralità del ruolo del medico di base nel nostro sistema sanitario. Opinione sempre del tutto personale, forse ci potremmo risparmiare qualche costosa indagine strumentale, che a volte mi pare inflazionata, per andare un po’ a rimpinguare l’esercito dei medici di base che, per lavorare con maggior serenità, avrebbe anche bisogno di non avere costantemente la fila impaziente fuori dalla porta dello studio. Un medico che lavora con una certa tranquillità alla fine lavora certamente meglio e può anche far risparmiare il sistema sanitario nazionale (molto spesso l’occhio esperto arriva la dove non arriva lo strumento ipertecnologico per il semplice motivo che l’occhio vede il paziente mentre lo strumento analizza “un’aspetto di un pezzo di paziente…”).

Detto questo, vengo al mio orticello altrimenti veramente i medici si arrabbiano perché mi dicono “Esprimi tutte le opinioni che vuoi ma attieniti al tuo settore!”

Manca una figura di supporto tecnico per l’attività motoria ai medici di base. Non esiste. Quando il medico ti prescrive l’attività motoria, e ciò accade sempre di più in un paese evoluto e civile, non sa da chi mandarti. La storia dei certificati medici inutili, se vogliamo, rispecchia anche questo problema. Il medico finisce per perdere tempo a firmare scartoffie delle quali dovrebbe occuparsi l’insegnante di educazione fisica. Se il soggetto è sano il problema non si pone. Può e deve svolgere normalmente attività motoria come tutti i soggetti che sono sani e devono restare sani. Se il soggetto non è sano è fondamentale la collaborazione del medico per capire verso quale tipo di attività è opportuno che venga orientato il paziente. Più precisamente, andando in un campo che fa battaglia con la legge della privacy, sarà opportuno che l’insegnante di educazione fisica sia informato delle condizioni di salute del paziente per operare con maggior efficacia e precisione. Nel dettaglio la diagnosi la fa il medico, la scelta operativa la fa l’insegnante di educazione fisica.

Qui cade il grosso equivoco di gestione della certificazione per l’attività motoria. Il medico non deve essere gravato di responsabilità che non gli competono. Se uno fa un “salto mortale” che non doveva fare la colpa non è del medico che non ha scritto sul certificato “Non deve fare salti mortali”.

Poi,  scusatemi il gioco di parole, tutti i salti possono essere “mortali” e così io dico che la scure della responsabilità “terribile” non deve cadere nemmeno sull’insegnante di educazione fisica. Il medico deve essere responsabile della diagnosi e su questa è opportuno che sia abbastanza preciso per poter aiutare meglio l’insegnante. L’insegnante deve avere le competenze per capire cosa puo’ aiutare quell’atleta-paziente.

Se il medico sbaglia l’esame sarà il caso di capire se questo errore è stato di quelli proprio imperdonabili. Se l’insegnante propone cose impossibili nonostante una diagnosi tutt’altro che tranquillizzante sarà proprio il caso di capire se quella proposta era davvero improponibile o se in realtà poteva anche essere ragionevolmente formulata.

Al momento ci affidiamo ciecamente alla burocrazia e c’è un foglio di carta, costoso in termini di tempo e danaro, che dice “si” o “no”. Si o no cosa? Se è sì ed il cliente muore il medico va in galera? E se è no fermiamo il soggetto e lo facciamo diventare un sedentario coatto perché la sua attività motoria genera responsabilità legali insostenibili per chiunque?

Lo stop è necessario quando un  paziente diventa pericoloso per la collettività. Un automobilista che ha attacchi epilettici non penso che infonda particolare tranquillità agli altri piloti in gara. Ma l’atleta che ha il classico vizio cardiaco ed in virtù del quale ha qualche probabilità su cento in più di tutti gli altri considerati perfettamente sani di stramazzare improvvisamente al suolo, non penso che generi il terrore negli altri contendenti.

E’ importante fare chiarezza, monitorare le condizione di salute di tutti i cittadini, sani e non sani che si muovono e “soprattutto” (soprattutto dico io perché sono quelli i più pericolosi) sedentari. Poi è assolutamente assurdo generare responsabilità insostenibili che non fanno altro che frenare la diffusione dell’attività motoria. Sono d’accordo che la vecchia autocertificazione non serva assolutamente a nulla ed è un’ altra scartoffia inutile. Al più se il medico accertatore ha dei dubbi sulla comprensione da parte del paziente delle sue situazioni di salute, potrebbe far firmare una liberatoria che attesti che al soggetto è stata spiegata bene la sua situazione. Anche questo documento non ha molto senso perché se il paziente non vuol sentire o non ha la capacità di capire la situazione quel documento non risolve certamente la situazione. Ed allora qui torna fondamentale il ruolo del medico di base dal quale deve passere tutto e che deve capire il paziente. In certe situazioni il medico di base si può relazionare addirittura con i familiari così come il pediatra si relaziona con i genitori del bambino. Al momento esiste un medico burocrate che si relaziona con un potenziale giudice che di attività fisica proprio non ci capisce nulla perché fa il giudice. Facciamo fare i medici ai medici, gli insegnanti di educazione fisica agli insegnanti di educazione fisica e lasciamo stare i giudici che sono ingolfati già di ben altri problemi.