Commento a “Lo sport del futuro”

“… in merito ad alcune osservazioni riportate nell’articolo “Lo sport del futuro” mi permetto di dissentire su alcune di queste e di ritenerne sensate altre. In particolare mi pare del tutto logico attendersi uno sport del futuro più diffuso per tutta la popolazione e con attenzione da parte dei grandi sponsor anche per l’organizzazione dell’attività giovanile e non propriamente dello sport di vertice.  Mi pare sensato anche ipotizzare un ridimensionamento di alcuni aspetti quasi patologici dello sport professionistico come per esempio gli ingaggi stellari di certi atleti. Non sono d’accordo invece sul fatto che l’eccesso di medicalizzazione dello sport possa rientrare magicamente per portare lo sport ad una visione più romantica e di stampo antico che forse in certi termini non è mai neppure esistita se è vero che il doping è vecchio quasi quanto lo sport. Non riesco ad immaginare un antidoping perfetto che sanziona tutti gli atleti che usano troppi farmaci e che non caschi in giganteschi errori qual’è può essere stata la vicenda Schwazer se davvero c’è stata contraffazione dei campioni di urina o comunque un danneggiamento dell’atleta in qualsiasi altro modo. L’antidoping non può essere capillare perché raggiungerebbe costi impensabili, non può essere perfetto perché evidentemente deve continuare ad aggiornarsi ed in questo suo processo di aggiornamento può pure essere in ritardo sulle nuove tecniche dopanti, non può essere riformato perché non appaiono all’orizzonte altre strade per tentare almeno di contenere l’abuso di farmaci che è effettivamente in continua espansione nel mondo dello sport a tutti i livelli,  non solo a livello professionistico… ”

 

Allora a queste osservazioni più che condivisibili io rispondo con un’altra mia osservazione che forse creerà ancora più distanza fra il mio punto di vista e quello di altri ma è l’unica cosa che mi viene in mente per controbattere a queste osservazioni.

Alcuni dicono che gli atleti di oggi sono i nuovi gladiatori. Bisogna dare lo spettacolo in pasto alle masse e lo spettacolo che mettiamo in scena è questo tramite la televisione con atleti superdopati confrontabili un po’ con i gladiatori appunto visto che la loro salute non è l’argomento più importante ma comunque, siccome sono superpagati, avranno modo di curarsi della loro salute quando avranno terminato la carriera agonistica. Allora io non sono nemmeno d’accordo con questa visione dei nuovi gladiatori perché da quel che mi risulta i gladiatori erano essenzialmente gente costretta ad esibirsi mentre questi non hanno alcun obbligo, però il solo fatto che qualcuno osi paragonare i professionisti dello sport attuale ai gladiatori mi fa un po’ girare le scatole perché io ritengo che lo sport dovrebbe essere un ottimo esempio a tutti i livelli non solo a livello di campo sportivo di periferia.

Il fatto che lo sport abbia subito una grande medicalizzazione e che l’antidoping regoli almeno in un certo modo questa medicalizzazione non è una cosa per niente entusiasmante a mio parere ed alla quale, almeno come insegnanti di educazione fisica, dobbiamo tentare di reagire. Lo sport è un fatto per i sani che ci fa stare lontano dal medico (una volta l’anno giusto per vedere che vada tutto bene) e non un fatto altamente a rischio che ci deva far assistere da equipe mediche tutti i santi giorni. Ci sono atleti che si fanno seguire pure dallo psicologo come se il mestiere di sportivo fosse il mestiere più stressante che ci sia. Allora, se è così, vuol dire che c’è qualche problema nello sport, non nell’atleta che va dallo psicologo.

Io insisto sul fatto che tale antidoping non funzioni assolutamente perché non è riuscito minimamente a smascherare le dinamiche di carattere medico che affollano lo sport di alto livello e che si diffondono solo per sentito dire e non certamente per meriti dell’antidoping che rileva si e no l’uno per cento dei casi di atleti che esagerano un po’ con i farmaci. Non li rileva perché a volte i trattamenti non sono nemmeno fuori legge,  non li rileva perché in altre circostanze si trovano i rimedi per coprire le sostanze vietate (le cosiddette sostanze coprenti che sono ancora più pericolose per la salute del doping stesso) oppure i sistemi per assumerle senza risultare positivi ai controlli. Le irregolarità nei controlli e le assurde certificazioni di atleti fintamente bisognosi di certi trattamenti non sono altro che il  completamento di una serie di inefficienze che minano alla base la validità di tutto il sistema.

Il mio dubbio atroce invece è che non siamo pronti per il dirottamento dei grandi sponsor dallo sport televisivo a quello delle persone “normali” e pertanto è per quel motivo che non si può e non si vuole mettere mano ad un sistema di antidoping che, almeno parzialmente, è riuscito a tenere immacolata l’immagine dello sport di alto livello facendo credere che il problema doping  sia quasi più un problema degli atleti amatori che di quelli professionisti.

In effetti esiste parallelamente anche un problema di atleti dilettanti e/o amatori che pur dopandosi molto meno rischiano comunque la salute perché non hanno nemmeno la minima parte dell’assistenza medica di cui possono disporre i professionisti. Purtroppo gli amatori hanno il cattivo gusto di scimmiottare i professionisti e, sapendo che l’evoluzione scientifica della preparazione degli ultimi decenni è stata anche e soprattutto nei trattamenti medici, non rinunciano a portare in campo quel pericoloso aspetto andando a cercare in farmacia ciò che non riescono a trovare sul campo grazie ad un’affinamento delle metodologie di allenamento che ormai latita.

Vi sono federazioni che, in crisi di risultati, invece di potenziare lo staff tecnico e cercare di coinvolgere la scuola (grande assente per la diffusione dello sport di base) si limitano a potenziare lo staff medico sperando che i medici riescano a fare il miracolo di far sopportare agli atleti preparazioni semplicemente mostruose in volume. E’ per questo che dopo qualcuno osa paragonare gli atleti di oggi ai gladiatori di un tempo.

Io non mi illudo, so che c’è il rischio che i grandi sponsor invece che dirottare sullo sport di base spariscano del tutto dallo sport ma, forse solo per interessi di categoria (sono un insegnante di educazione fisica), dico che lo sport deve essere un fatto da tecnici sportivi e non da medici.

Lo sport fatto bene ci tiene lontano dal medico e contribuisce addirittura a contenere i costi per l’assistenza sanitaria: è per quello che in un paese dove i costi per l’assistenza sanitaria sono esorbitanti (oltre 100 miliardi l’anno) è opportuno che la scuola venga scomodata energicamente per avvicinare allo sport tutti ma proprio tutti i giovani. Quante medaglie prendiamo alle Olimpiadi non conta, conta molto di più quanti ragazzi riusciamo a salvare dalla sedentarietà. Non li salviamo certamente imbottendo di farmaci gli atleti di vertice. Non li salviamo certamente continuando ad appoggiare un antidoping (danaro pubblico…) che salva l’immagine immacolata dello sport di vertice ma non la salute dei suoi attori.