Commento a “L’esempio dello sport”

“Ho capito l’accostamento fra sport e società, lo sport è praticato dai cittadini che sono quelli che formano la società. L’atteggiamento che hanno nello sport può anche diventare quello che hanno nell’edificio sociale.

L’idea non è da pazzi scatenati utopisti e potrebbe stare in piedi se non fosse che questa società ormai è marcia, priva di ideali e si fonda solo sulla ricerca spasmodica di ricchezza e pertanto un ideale di sport per tutti non ci sta un po’ perché sono finiti i soldi e organizzare lo sport per tutti costa molto e un po’ perché in una società che non ce la fa ad andare avanti, obiettivamente, come dici tu, l’attività fisica diventa anche una cosa marginale, una quisquilia di poco conto anche se è importantissima per la salute.

I campi sportivi pubblici sono ancora chiusi o sottoutilizzati per  problemi che con il covid c’entrano poco perché è solo l’ennesimo problema di burocrazia congestionata. Se il calcio è a rischio covid lo è sia per chi va in televisione che per chi gioca nei campi di periferia, non è il livello di qualificazione dell’atleta a determinarne la pericolosità  per il contagio ma l’attenzione alla pratica delle norme igieniche di prevenzione. Come sportivo se non sei attento puoi contagiare chiunque, sia che ti chiami Pinco Pallino o che ti chiami chissà chi.

L’ideale di uno sport per tutti che non funzionava prima, rischierà di funzionare sempre meno perché molta gente non ha tempo di praticare sport stritolata da turni di lavoro impossibili e altra non può perché non ha il becco di un quattrino da investire per questa importante attività che ovviamente si fa fatica a trovare gratis perché è un costo insostenibile per uno stato in crisi.

Pertanto l’idea teorica è valida, è vero che lo sport ti insegna d affrontare la vita, ma qui purtroppo è la società ad essere in crisi e  si trascina in una crisi, di ideali prima ancora che economica, che è in atto da almeno un ventennio, già da prima che le cose iniziassero ad andare male sul piano economico.

Da occidentali diciamo che qui le cose andavano bene ma ci siamo dimenticati che le cose in giro per il mondo andavano già male quando è crollato il comunismo e squilibri sociali improponibili esistevano già allora. Quando è crollato il comunismo abbiamo creduto che il capitalismo fosse il sistema economico vincente, il crollo del comunismo ha dimostrato che delle due strade solo quella del libero mercato era praticabile. Adesso che vediamo che anche quella non porta da nessuna parte capiamo che bisognava costruirne una terza che non esiste assolutamente. Per dirla con una metafora ci siamo veramente cacciati in un vicolo cieco che non porta da nessuna parte e bisogna semplicemente avere il coraggio di tornare indietro ammettendo che gli ultimi 20-30 anni sono stati anni di follia politica globale dove, fra le altre cose, siamo pure riusciti ad assassinare ulteriormente l’ambiente anche se già nei decenni precedenti si era capito benissimo che una politica razionale doveva fare i conti con il contenimento dei consumi e la tutela dell’ambiente.

Adesso non c’è nessuna volontà di cambiare perché non si vede un sistema economico alternativo e l’unico modo per sopravvivere pare quello di insistere sulla follia di far ripartire i consumi, di insistere nell’idea di far ripartire questo sistema economico che non funziona.

Così come nello sport conta solo il risultato e l’attività fisica per tutti sono belle parole da pronunciare ma da non mettere in pratica, nella società conta solo il danaro e dell’equità sociale e dell’ambiente non gliene frega niente a nessuno.

Se si trova un sistema che riesce ad aumentare la ricchezza per tutti, ben venga, ma il passo indietro per tutti che evidentemente per chi sta bene ed è molto avanti deve essere ancora più deciso di chi non sta per niente bene, non va bene a nessuno, nemmeno a chi è alla carità che proprio per quello ha paura di finire in una situazione ancora più drammatica.

E’ un’ epoca di forti tensioni sociali, lo sport è la cartina al tornasole di queste tensioni ma temo proprio che non potrà essere quello che ci indica la nuova strada da seguire.”

 

Ai miei tempi si diceva “Becca e porta a casa…”. In effetti non ho nulla da obiettare e per quello a volte mi sento un po’ assurdo a disquisire di sport e di attività fisica qui sopra e mi sento pure un po’ un radical chic nel momento in cui i problemi della gente sono ben più consistenti di quelli derivanti da un’attività fisica organizzata male sull’intero territorio nazionale.

Non per perseverare nell’errore ma ogni tanto io ho delle mega idee legate a quell’immagine idilliaca di sport per tutti e una di quelle mi va di ripeterla anche dopo osservazioni simili. Nell’Italia degli anni ’60 una grande componente del boom economico è stata la diffusione dell’auto per tutti con la costruzione della rete stradale e l’avvio di una produzione colossale di autovetture. Adesso mancano le piste ciclabili che richiedono comunque grande lavoro. Mancano i soldi per farle perché lo stato non li ha, ma il lavoro utile esisterebbe. La domanda cruciale è “Ma mancano davvero i soldi per farle perché si è già raschiato il fondo del barile oppure ci sarebbero ma si è già deciso che si vuole continuare a raschiare il fondo del barile con questo tipo di economia facendo ancora finta di essere nell’Italia degli anni ’60?”

Possiamo anche far finta di niente ma se sopravviviamo al Covid sarà l’ambiente a presentarci drammaticamente il conto se non abbiamo il coraggio di inventare una strada alternativa all’economia dei consumi.