COME DEVONO ESSERE LE PISTE CICLABILI

Le piste ciclabili devono essere sicure, ampie, veloci e progettate secondo la razionalizzazione di una rete che consenta di andare dappertutto senza interruzioni strane. Forse in Italia non esistono perché non  c’è nessuno che sa queste cose.

E allora basta scriverle e spiegarle e poi faranno le piste ciclabili. Come minimo bisogna iniziare a spiegare il perché di queste cose altrimenti la gente non capisce cos’è una pista ciclabile e crede che sia una specie di parco giuochi.
Le piste ciclabili non sono fatte perché uno alla domenica si pigli la sua bella biciclettina se la metta sulla macchina e vada a fare un bel giro turistico rilassante. Possono essere fatte anche per questo ma devono avere la funzione principale di garantire gli spostamenti delle persone normodatate (per i disabili e le persone molto anziane è opportuno concedere l’uso dell’auto se non riescono ad usufruire in tutta sicurezza della pista ciclabile) per le normali faccende quotidiane e dunque non solo la domenica ma anche il lunedì, il martedì, il mercoledì, il giovedì, il venerdì e pure il sabato.

Quando dico che per le persone molto anziane e per i disabili deve continuare ad essere consentito l’uso dell’automobile non lo faccio per fare del razzismo nei confronti di nessuno, al contrario in un paese dove i disabili hanno comunque molte limitazioni e devono fare i conti con barriere architettoniche disseminate ovunque è opportuno concedere l’uso dell’auto solo a loro per snellire il traffico automobilistico e renderlo meno problematico per i disabili. Inoltre la necessità di far guidare anche le persone anziane che non hanno riflessi molto pronti si affronta tentando di eliminare dal traffico automobilistico quei soggetti che abitualmente si mostrano insofferenti verso la guida dei meno giovani e che spesso si rendono protagonisti di condotte di guida non troppo prudenti (perché pensano che tutti abbiano riflessi da piloti di formula uno).

Ovviamente non si può fare una dittatura degli automobilisti ed è opportuno che quei pochi automobilisti ai quali è concesso l’uso della vettura nel tessuto urbano siano costretti a procedere a medie sensibilmente inferiori a quelle dei ciclisti, anche per non diventare pericolosi a loro volta. Quando intendo che la pista ciclabile deve essere veloce non intendo dire che deve consentire ai ciclisti scatenati di andare ai 40 chilometri all’ora (quelli devono trovare luoghi di allenamento fuori dal traffico ciclabile normale) bensì che le medie ottenibili da chi va a lavorare in bici devano essere vicine ai 20 chilometri all’ora e dunque le medie ottenibili con l’uso dell’auto in città dovranno essere limitate attorno ai 15 chilometri all’ora per non creare situazioni di pericolo.

Adesso avviene esattamente l’opposto: sulle piste ciclabili è difficile andare ai 15 km/h di media e bisogna essere Bartali per provare ad ottenere medie vicine ai 20km/h mentre in auto anche il più idiota degli automobilisti, se non c’è traffico, riesce a fare medie anche dei 25-27 km/h in virtù di tratti stradali che ti lasciano percorrere in territorio urbano anche ai 50-55 km/h. Questa è una cosa assurda che nei centri deve essere assolutamente vietata in primo luogo perché è pericolosissima per pedoni e ciclisti, in secondo luogo perché non è sostenibile da un punto di vista ambientale perché almeno che il traffico non sia esclusivamente di vetture elettriche (cosa del futuro in Italia…) le continue sgasate per passare dai 20 km/h ai 50 provocano emissioni di gas di scarico insostenibili, in terzo luogo perché tale condizione è quella che garantisce agli automobilisti tempi di trasferimento anche inferiori a quelli dei ciclisti promuovendo la cronicizzazione dell’automobilista incallito che non passa alla bici nemmeno se le polveri sottili vanno alle stelle: non  ci passa perché oltre ad avere paura sperimenta tempi di trasferimento che allo stato attuale delle cose non sono favorevoli per le bici.

Per fare in modo che il trasferimento su bici diventi più conveniente di quello in auto non ci vuole questa gran fantasia: basta temporizzare i semafori e le precedenze in modo da dare sempre la precedenza alla bici ed ai pedoni. In quel modo diminuiscono i tempi di trasferimento in bici e necessariamente aumentano quelli in auto. Le agevolazioni lasciate a disabili ed anziani con l’uso dell’auto vanno a pari e patta con quelle lasciate a tutti gli altri (ivi compresi disabili che riescono in qualche modo ad usare la bici e similari su pista ciclabile).

Ovviamente per questo ed altri motivi le piste ciclabili devono essere anche ampie e sicure altrimenti non si fa altro che spostare gli incidenti dalla strada alla pista ciclabile.

Il fatto che la rete ciclabile deva essere continua e non con interruzioni improvvise è un’ovvietà. Se si usa la bici solo per divertimento si può anche sopportare che una pista ciclabile si interrompa in un posto poco panoramico ma se la bici viene usata come mezzo di trasporto deve comunque essere collegata da una rete capillare e completa come quella delle strade per le auto.

La premessa a tutto ciò è che si sia d’accordo sul fatto che la mobilità ordinaria nei centri urbani deva essere trasferita dalle auto alle bici (elettriche e non) e al mezzo pubblico. Se invece abbiamo paura che questi cambiamenti possano provocare un crollo della vendita delle auto allora dobbiamo solo ostacolare tali progetti. E stranamente è ciò che sta ancora avvenendo, anche se la maggior parte degli italiani non vive sulle sorti dell’industria automobilistica e quelli che possono subire un danno dai nefasti dell’industria automobilistica possono benissimo essere riciclati in altre imprese epocali. La politica serve anche a quello: c’è un settore in crisi, lo aiuti creando nuove opportunità. L’auto ha fatto il suo tempo, inventiamoci qualcos’altro, non è che chi produce auto sia costretto ad andare in pensione a trent’anni. Se ci muoviamo davanti c’è il futuro. Se invece stiamo fermi allora avremo bisogno di nuovi medici ed infermieri perché ci stiamo ammalando, meglio evolversi.