100 METRI, 1000 METRI E 10.000 METRI

Gli italiani che corrono sono milioni, una vera e propria marea. Eppure molti di questi (la stragrande maggioranza) non  sanno nemmeno lontanamente che tempo possono fare sui 100 metri, C’è gente che corre abitualmente più di dieci chilometri, che non ha nessuna paura a correre una mezza maratona che è lunga ben 21 chilometri e tanti che, almeno una volta in carriera, hanno corso pure la distanza intera che è ben 42,2 chilometri. Però non sanno quanto ci impiegano per correre 100 metri. E’ strano perché i 100 metri sono l’ABC della corsa e se uno si è fatto una gara di addirittura 42 chilometri vuol dire che di cento metri di corsa ne ha infilati 420 (422 per l’esattezza) uno dietro l’altro.

I 100 metri per conto mio dovrebbero essere un dato da riportare sulla carta d’identità. Un po’ come peso e altezza. Il peso a dire il vero sulla carta d’identità non c’è ma i 100 metri ci dovrebbero essere. Il tempo sui 100 metri dovrebbe chiedertelo pure il medico di base “…Il colesterolo è un po’ alto ma il tempo sui 100 va bene, nel complesso la salute è accettabile…”.

Al di là del fatto che la moda delle corse sia decisamente sulle lunghe distanze e non sulle brevi non si mette in relazione il fatto che i 100 metri siano comunque un parametro importante per capirci qualcosa pure sulle lunghe distanze.

E’ importante sapere come scade la velocità media di corsa man mano che si allunga la distanza per sapere come funziona il podista. In genere il podista resistente è quello che rallenta di poco anche se allunga la distanza ma per sapere questo deve pur sapere cosa combina sui 100 metri. Io dico che una buona fotografia della tenuta o delle doti di velocità dell’atleta è data dal confronto fra 100 metri, 1000 metri e 10.000 metri. Anche solo confrontando i risultati su queste tre distanze posso avere ottime indicazioni per capire se ho a che fare con un soggetto veloce, con un soggetto ibrido o con un soggetto resistente.

I più forti atleti del mondo corrono i 100 metri vicino ai 42 chilometri all’ora, i 1000 metri attorno ai 27 chilometri all’ora ed i 10.000 metri ad un ritmo vicino ai 23 chilometri all’ora. Ovviamente la velocità calcolata sui 100 metri non è una velocità media ma quanto riescono a produrre nella fase lanciata della gara al netto delle “operazioni di lancio”.

Gli amatori cosiddetti “tapascioni” che non si definiscono nemmeno agonisti, anche se ogni tanto qualche gara per sbaglio la fanno, vanno più o meno la metà e pertanto corrono i 100 attorno ai 22 chilometri all’ora, i 1000 metri attorno ai 14 chilometri all’ora ed i 10.000 metri attorno agli 11 chilometri all’ora. Dunque vuol dire che fanno i 100 metri in poco meno di 18 secondi, i 1000 metri attorno a 4’20” e i 10 chilometri in 55 minuti. Questo se sono “normalmente” veloci e/o resistenti. Ma proprio “normale” non ci è nessuno ed allora scopriremo che tutti, chi più chi meno, siamo più portati per alcune distanze piuttosto che altre, per cui ci saranno i veloci, i resistenti e, più curiosi di tutti, gli ibridi che sono quelli che pur non essendo né veloci né resistenti corrono bene sulle distanze di media lunghezza.

Stabilire queste caratteristiche in base ad un parametro matematico è un po’ un’impresa maldestra perché un buon tecnico non ha certamente bisogno di queste astrazioni e già con il suo occhio clinico capisce subito se si sta trovando di fronte ad un veloce ad un resistente o ad un ibrido però con un po’ di fantasia si può pure dare qualche numero che possa sbilanciarci in un giudizio un po’ affrettato anche sulla base di un semplice calcolo.

Un paio di numeri semplici possono essere questi: 14 e 13. Quattordici come moltiplicatore per stabilire quanto può valere sui 1000 metri un soggetto che fa un certo tempo sui 100 metri e pertanto con tale moltiplicatore, per esempio, un atleta che corre i 100 metri in 15″ se è normalmente resistente (e dunque anche “normalmente” veloce) farà 15 x 14 = 210 secondi sui 1000 metri e quindi 3’30”. Passando poi a i 10.000 metri con il moltiplicatore 13 lo stesso soggetto potrebbe fare 210 x 13 = 2730 secondi e quindi 45’30” sulla distanza dei 10 chilometri. Accade che un gran numero di podisti che si cimentano con una certa regolarità sulle lunghe distanze non sappiano nemmeno quanto valgono sui 10.000 metri perché, ahimè, li ritengono una distanza troppo breve per testarla e pertanto non sanno assolutamente cosa valgono sui 1.000 metri e tanto meno sui 100 metri che è distanza che ritengono praticamente sacrilega in quanto cultori delle lunghe distanze. C’è pure da precisare che molti podisti di lungo corso non sanno nemmeno dove sia la pista di atletica più vicina a casa loro e, se proprio lo sanno, comunque non ci hanno mai messo piede. Inevitabile che questi non abbiano mai corso una volta i cento metri al massimo in tutta la loro vita o al più, se l’hanno fatto, l’ultima volta l’hanno fatto ai Giochi della Gioventù a scuola per perdere una mattinata di scuola. La cosa grave è che questi podisti di lungo corso strapieni di chilometri nelle gambe hanno decisamente paura a correre 100 metri al massimo perché temono di farsi del male e non ci proveranno proprio mai. Magari hanno corso due maratone (42 chilometri) una ad un mese dall’altra quando i professionisti si concedono almeno sei mesi di tempo per replicare tale gara estenuante, però hanno paura a correre i 100 metri una volta sola al massimo.

Sapere come funziona l’atleta sulle varie distanze è una condizione necessaria per poter impostare una preparazione almeno un pochino razionale e tarata sulle specifiche caratteristiche del soggetto in questione ma ormai le preparazioni dei cosiddetti amatori sono fatte più o meno tutte con lo stampino (c’è stato un netto degrado dei sistemi di preparazione negli ultimi 30 anni) e pertanto non ha nemmeno senso conoscere le caratteristiche di partenza dell’atleta, In compenso molti di questi amatori trangugiano integratori alimentari di tutti i tipi perchè li hanno visti pubblicizzati chissà dove. Non servono a nulla ma qualcuno ci guadagna su. Lo sport amatoriale a volte è molto più considerato nel suo aspetto commerciale più che nel suo aspetto culturale. Peccato.