IL MIO ARTICOLO MENO LETTO

Il mio articolo meno letto è un articolo scritto di getto ne quale partendo da una battuta di spirito (che poi non so quanto fosse spiritosa…) alla fine mi mettevo a scrivere di cose che hanno un certo contenuto politico.

Nei giorni scorsi sono stato criticato da un mio lettore in modo garbato ma netto e non equivocabile per aver scritto di politica in un altro articolo nel quale, partendo da un’osservazione pseudo politica in realtà finivo per scrivere un articolo che aveva contorni umoristici.

Non voglio tornare su quell’articolo altrimenti il mio affezionato lettore s’imbestialisce e ne avrebbe ragione però il fatto che quel mio articolo, al contrario del primo, abbia avuto un gran numero di lettori conferma una cosa: che la politica desta più curiosità nel suo aspetto simbolico che nel suo aspetto pratico e concreto.

Mentre il primo è un articolo con un vero contenuto di politica e non lo ha letto nessuno anche se potrebbe avere una certa attendibilità perchè riguarda cose strettamente inerenti la mia professione, il secondo, che è un finto articolo di politica nel quale voglio chiaramente sdrammatizzare deridendo alcune perversioni del sistema di pubblicizzazione della politica, viene letto da molti e diventa pure oggetto di critiche che non sono  finte ma ben circostanziate e,per certi versi, pure un po’ pesanti.

Io non voglio far politica in senso stretto ma, per quanto riguarda la mia sfera professionale, se voglio trattare certi argomenti, sono costretto a scrivere di scelte di politica concreta.

Se tratto di attività motoria non posso esimermi dall’osservare come è organizzata l’attività motoria in Italia e l’organizzazione dell’attività motoria, che è un fatto che riguarda la mia professione, è anche un fatto politico.

L’idea di lasciare ampio spazio al libero mercato anche quando fa danni inestimabili è una scelta politica molto pesante.

A questo punto vi lascio al testo integrale del mio articolo più sfortunato che, partendo da una riflessione di umorismo molto scarso, sfociava in un’osservazione della realtà che non può essere ignorata da chi lavora nel campo dell’attività motoria.

 

 

“VADE RETRO, SATANA!”

Seduto sul water, dove si fanno le riflessioni più “profonde”, stavo pensando a come avrei dovuto orientare la mia attività professionale se avessi voluto diventare ricco.

Mi sono risposto quasi subito: avrei dovuto specializzarmi nell’elaborazione di programmi di attività fisica per dimagrire. Non l’ho fatto perché,  in assenza di patologie conclamate che rendano urgenti misure drastiche da concordare con il medico, programmare in tal senso è discutibile per almeno tre motivi:

1°) E’ potenzialmente pericoloso

2°) E’ quasi sicuramente noioso

3°) Può portare, come minimo, a ridurre l’entusiasmo verso l’attività fisica, se non a sopprimerlo del tutto.

Al contrario, mi sto rendendo conto che, senza volerlo, forse sto creando una nuova professione. Non solo non mi accontento di proporre un’attività fisica razionale che non si prefigga obiettivi scriteriati, sto andando ancora più in là: sto diventando un vero e proprio dissuasore di “pratiche” alla moda. Praticamente sto inventando il ruolo di “contestatore della moda”  su scala professionale. Non lo faccio solo per passione, lo faccio con vero e proprio piglio professionale. Sono un vero e proprio “professionista dell’anti-moda”.

Sui chilogrammi in più e in meno la società della televisione (così amo spesso definire la nostra società più che con connotati politici o di sistema economico) ci sta veramente prendendo in giro.

Da un lato si pubblicizza il cibo come irresistibile fonte di felicità, dall’altro si propinano modelli estetici di forma fisica che sono fuori da ogni principio della fisiologia.

Fra quei due estremi ci sono di mezzo 30 chilogrammi di business. Dieci sono i chilogrammi in più che ogni persona prende in più sul proprio peso se cede alle lusinghe della pubblicità in fatto di alimentazione. Venti sono i chilogrammi che ti suggerisce il sistema della pubblicità di perdere per “tornare” al peso ideale. “Tornare” un bel niente, perché la pubblicità ti suggerisce un modello fisico che è 10 chilogrammi sotto al tuo peso ideale. Ti suggerisce un modello fisico che probabilmente non è nemmeno nella tua fisiologia.

In questo “andare avanti di dieci-tornare indietro di venti” sta la ricetta dell’infelicità, il continuo peregrinare da una forma fisica all’altra a caccia di modelli estetici più che di salute vera e propria.

Ho sempre scritto che LE QUANTITA’ DI ATTIVITA’ FISICA NECESSARIE A STARE IN SALUTE SONO DECISAMENTE INFERIORI A QUELLE NECESSARIE A “SCATENARE” UN CONSISTENTE  DIMAGRAMENTO.

In questa frase magica sta l’essenza della mia “buona novella”. Praticamente è da circa venticinque anni che predico questa cosa. Da quando, con il mio fisico decisamente sotto peso (perché avevo appena smesso una sanissima esagerata pratica agonistica che però, visto che era esagerata, da tanto sana che era mi aveva pure un po’ “consumato”…), accoglievo in palestra folle di persone che si ritenevano sovrappeso anche se non lo erano e spiegavo che il primo obiettivo di un’ attività fisica sana e razionale era quello di stare bene, non di dimagrire e, con il mio sottopeso dimostravo, al contrario, che se si esagera si possono anche creare dei problemi di segno opposto.

L’attività fisica è bella di per sé, non è un mero strumento per dimagrire. E’ bello camminare, è bello ballare, è bello correre (come recita quel famoso libro di Enrico Arcelli che ha sancito il boom della corsa in Italia) è bello praticare tanti sport anche se non sono assolutamente estremi ed anzi sono “decisamente normali”, è bello pure fare ginnastica se non stramazzi al suolo a fine lezione, in un parola è bello muoversi.

Se partiamo da questo presupposto il passaggio al muoversi per stare bene è un istante. Muoversi è bello e poi fa anche bene.

Purtroppo poi arriva Satana (che praticamente è quello che io identificherei con la televisione perchè ho questa sana passione per questo elettrodomestico assolutamente innocuo e poco invadente…) che ti dice che con l’attività fisica devi tirare giù tot. chili altrimenti vuol dire che hai sbagliato qualcosa ed insomma in quelle condizioni non si può proprio andare al mare.

Il nostro organismo è intelligente, non sta a sentire quello che dice la tv in tema di proporzioni corporee e, se l’alimentazione è corretta e l’attività fisica sufficiente (non “esagerata”, sufficiente…), tira giù chilogrammi solo se questi sono in eccesso. Se non c’è dimagramento in presenza di queste due condizioni di salute vuol dire che quella forma fisica è fisiologica e certamente apprezzabile anche se non risponde ai dettati della moda. Tutto ciò, ovviamente, salvo che non si sia in presenza di malattie del metabolismo che, per fortuna, sono molto più rare di quanto si possa pensare.

Tante persone sono convinte di avere malattie del metabolismo perché, da un punto di vista psicologico, è quasi più tranquillizzante ipotizzare quello che non ammettere che in fatto di alimentazione e attività fisica è da qualche decina di anni che si stanno perpetrando dei veri e propri disastri.

Quello che purtroppo è molto più diffuso di quanto si possa pensare è un atteggiamento psicologico “deviato” che ci porta a ragionare in modo assurdo in fatto di alimentazione ed attività fisica, ed è questo che sto tentando di combattere io in modo deciso.

Purtroppo però, a volte, mi pare di essere Don Chisciotte contro i mulini a vento.

Bisogna smetterla di assumere per “ideali ” modelli di forma fisica che non stanno né in cielo né in terra, bisogna smetterla di considerare l’attività fisica come quella cosa che è tanto noiosa ma è assolutamente necessaria in grandi quantità per poter sperare di dimagrire.

Ed invece la cosa da fare è una sola: muoversi per il gusto di muoversi, riscoprire il piacere di muoversi, spegnere la televisione e scoprire che si sta benissimo anche qualche chilogrammo in più, che la felicità non è sgranocchiare porcherie davanti alla televisione né vagare per  centri commerciali nei giorni festivi alla ricerca delle nuove mode. Si cammina anche nei centri commerciali è vero, si cammina pure tanto perché sono smisuratamente grandi, ma le vostre gambe le sentite decisamente meglio e quasi “più utili” quando vi muovete in un ambiente naturale piuttosto che nelle cattedrali dell’artificio.