PERCHE’ LA CULTURA DELLA SOLIDARIETA’ PUO’ PARTIRE SOLO DALLO SPORT E DALLA SCUOLA

Ci si riempie la bocca di paroloni che suonano bene quali “rivoluzione non violenta”, “decrescita felice”, “cultura della solidarietà” e “politiche eco sostenibili”. Sono tutte belle parole che diventano utopia se non vengono calate in un contesto culturale che può partire solo dai giovani, dallo sport, dalla scuola. In teoria quelle sono le parole per far funzionare meglio la società, in pratica se non sono i giovani a dare impulso a quelle cose in modo concreto non ci pensa proprio nessuno. L’attuale società è cristallizzata (meglio sarebbe dire “calcificata”…) sulla triade corruzione-danaro-potere politico e sa funzionare solo secondo quelle logiche. Non conta la solidarietà sociale, la redistribuzione dei redditi, conta solo l’aumento del PIL ed il buon funzionamento dei mercati.

La cultura della solidarietà può partire solo dallo sport, è nello sport che si insegna il rispetto per l’avversario, di qualsiasi livello esso sia, e si insegna che l’avversario non è un nemico ma un amico con il quale far crescere lo sport intero. E’ quella cultura che deve arrivare anche a scuola dove si deve capire che l’esigenza di fondare una società più equa sovrasta di gran lunga l’esigenza di svolgere nel modo migliore possibile i programmi ministeriali in una competizione senza senso che sfocia nell’impossibilità di riuscire a cambiare il mondo del lavoro. Gli attuali programmi ministeriali sono studiati per obbedire al mondo del lavoro, non certamente per rifondarlo in base a principi nuovi e la competizione scolastica ricalca pari pari quella che avverrà poi nel mondo del lavoro. Lo studente attuale a scuola si allena a digerire rospi e a sopportare uno stress che poi nel mondo del lavoro sarà destinato ad aumentare in modo esponenziale. Non c’è spazio per la creatività in una società che ha assoluto bisogno e pure urgente della creatività dei giovani per rifondarsi.

Nella nostra società i giovani hanno troppo poco potere e, ciò che è peggio, fanno ben poco per acquistarne obbedendo a tutto quanto viene proposto loro, dal mondo del lavoro bloccato, al telefonino, al modello sociale che è perennemente quello di danaro-corruzione-potere politico. Si può tranquillamente dire che i nostri giovani la politica non la fanno ma la subiscono e basta e quando provano a farla vengono fagocitati nelle logiche arcaiche degli adulti.

Urge un nuovo modello culturale e può nascere solo da loro. Negli ambienti di sport dove la cultura della solidarietà è elemento imprescindibile e a scuola dove alla competizione sociale bisogna sostituire tanta buona volontà per cambiare completamente una scuola che gli adulti non sanno nemmeno da che parte cominciare per cambiare e non ne hanno proprio alcuna voglia. Largo ai giovani, il futuro è loro.