PER GLI ULTIMI E’ PIU’ FACILE.

In realtà il titolo potrebbe essere ingannevole. Purtroppo niente è facile per gli ultimi in questa società esageratamente competitiva. Però, almeno in linea teorica e con riferimento alla fisiologia, l’attività motoria per gli ultimi, per i meno dotati, per i sedentari potrebbe risultare essere proprio la più facile, almeno quella che richiede meno impegno, che richiede carichi di allenamento meno gravosi.

Questo con riferimento alla fisiologia, poi vedremo come la sfera psichica condizioni decisamente il vissuto emotivo dell’attività motoria e vada a cambiare le carte in tavola.

Analizziano per un momento esclusivamente l’aspetto fisiologico per chiarire un concetto che è bene che gli ultimi conoscano e,  tutto sommato,  può aiutarli a sopportare più agevolmente la disavventura di far parte del gruppo degli ultimi.

L’esempio più bello e immediato è quello dello stretching. Lo stretching, che se avessimo la sana abitudine di usare la nostra lingua, verrebbe chiamato semplicemente “ginnastica di allungamento” (così come questo sito dovrebbe chiamarsi “Allenatore Personale Gratuito”…), va condotto con delle precise tensioni per poter essere utile e non, al contrario, dannoso. Se noi andiamo a spiare un qualsiasi gruppo di ginnastica per adulti durante la sua bella ora di ginnastica generale di mantenimento, dove praticamente sempre l’insegnante ha la buona abitudine di proporre anche degli esercizi di “stretching”, potremmo avere il sospetto che l’insegnante abbia raccomandato ai più rigidi di metterci l’anima ed abbia esonerato i più abili dall’impegno di allungarsi “un po’ di più”. L’insegnante probabilmente avrà raccomandato, giustamente, alla sua classe esattamente il contrario e quindi, un impegno un po’ più elevato ai più abili e tensioni sensibilmente minori ai meno dotati.

Perchè la classe fa esattamente il contrario e non ascolta l’insegnante? E’ una semplicissima regoletta di psicologia che ci dice che in un gruppo si tende all’omologazione, all’uniformazione e quindi i più bravi si rilassano senza esasperare il loro gesto mentre i meno bravi si sforzano di rientrare nella “norma” della classe. L’omologazione accetta un ben preciso range di esecuzione dell’esercizio che la fisiologia non riconosce.

A quel punto l’insegnante farebbe bene a ripetere in modo ossessionante che non è assolutamente importante che tutti gli allievi riescano a fare l’esercizio nello stesso modo e,  ancora,  i meno abili faranno finta di non sentire perché a volte la mente fa più del corpo, anche quando fa danni.

Andando nel dettaglio,  il personaggio più rigido ha proprio bisogno di condurre l’esercizio di ginnastica di allungamento a tensioni più basse, altrimenti questo non gli serve a niente. L’allievo più elastico, al contrario, se vuole migliorare la sua elasticità dovrà insistere con tensioni che ai più possono apparire anche esagerate perché tensioni normali non vengono recepite dal suo fisico come stimolanti.

In sintesi il meno abile offre grandi resistenze all’allungamento e,  se quelle resistenze vuole vincerle,  deve provare ad allungare con una prudenza esasperata, senza assolutamente forzare, mentre il soggetto elastico che si allunga molto facilmente potrà migliorare quella già buona elasticità solo con tensioni molto elevate, quasi pericolose.

Facile consigliare di insistere con grande prudenza a chi non ha grandi doti: questo modo di agire darà senz’altro frutti e tornerà molto utile sulla mobilità generale del soggetto. Meno facile consigliare il soggetto più elastico: vale la pena rischiare l’infortunio e fare tanta fatica per migliorare un’ elasticità che è già esuberante?  Non vale certamente la pena in un contesto di ginnastica di mantenimento per la salute, è purtroppo necessario in un contesto di ginnastica agonistica, dove, per filosofia, la ricerca del miglioramento costante è “obbligatoria”.

Per cui, da un punto di vista meramente fisiologico, il compito è più arduo proprio per chi è già in possesso di buone capacità motorie.

Ma la questione non è così semplice e la psiche va a complicare tutto. Così l’incapace si sente attraversato dai sensi di colpa e si condanna ad un’ attività impegnativa quanto inutile mentre il “bravo allievo altamente performante” si autocompiace e si rilassa nel suo ruolo di protagonista.” Insomma, a livello psicologico la palestra è fatta per i veri atleti che vanno a far vedere quanto sono bravi ma non per gli incapaci che non possono muoversi altrimenti si vede quanto sono incapaci.

Ecco che in poche righe abbiamo sconfessato il titolo di questo articolo dimostrando che anche se, da un punto di vista fisiologico,  le quantità e le intensità di attività motoria utili ad un soggetto poco evoluto potrebbero essere abbastanza basse e assolutamente abbordabili, la realtà di campo (o di palestra, tanto per stare con il nostro gruppo) poi presenta situazioni concrete per cui alla fine quelli a fare più fatica sono sempre gli ultimi.

Compito dell’insegnante attento è esortare questi allievi dal compiere inutili fatiche non per magnanimità ma proprio facendo capire che l’unica via al miglioramento per loro è l’adozione di carichi contenuti, non esistono scorciatoie non è possibile accelerare i tempi facendo il doppio della fatica degli altri.

Immagine ad effetto: il disidratato, quasi morto di sete, i primi sorsi di acqua li butta giù con calma, poi man mano che si riprende, comincia anche a bere più velocemente. Un sedentario che non si muove mai, per certi versi, è come il quasi morto di sete, se non vuole fare disastri è obbligato proprio a cominciare piano piano, senza fretta.