NON SIAMO PRONTI PER SCOPERCHIARE IL PENTOLONE

Gli ultimi articoli sull’antidoping hanno portato a galla un problema sul quale ho disquisito molto su questo sito.

E’ un problema correlato a tutto il modo di intendere lo sport, per conto mio, e mi sono fatto un’opinione in proposito piuttosto originale che faccio anche piuttosto fatica ad illustrare.

Alla fine io sono convinto che sia essenzialmente un problema di informazione e penso che se invece di spendere un sacco di soldi in controlli, a mio parere abbastanza inutili, si provasse a fare davvero una campagna di sensibilizzazione efficace e sincera sulle problematiche sul doping riusciremmo ad ottenere risultati migliori nel senso che tutti i dilettanti capirebbero quanto sia idiota doparsi ed i professionisti potrebbero affrontare la questione con meno omertà e con meno paura di essere perseguitati perché hanno provato a parlare.

Il problema è che ci sono altri aspetti dell’informazione molto più importanti che vivono la stessa situazione e pertanto bisogna ammettere che se vogliamo un’informazione più trasparente in tutti i campi ha poco senso partire proprio dal doping dove un eventuale scoperchiamento del pentolone è certamente molto pericoloso per certi equilibri economici.

Alla fine comanda il mercato su tutti i fronti, sul fronte economico, su quello politico e perché no, anche sul fronte dello sport visto che esistono sia un’economia che una politica dello sport che non sono per niente trascurabili.

Un’informazione trasparente in fatto di doping ed antidoping potrebbe anche creare dei disastri nel  senso che bisogna fare i conti con il substrato culturale dello sportivo medio. Lo sportivo medio è piuttosto disinformato e non sa quanto sia impegnativo sostenere un’attività sportiva di alto livello ai giorni nostri.

Se allo sportivo medio dici che l’atleta “X” è risultato positivo all’antidoping ed è stato squalificato per questo la reazione immediata è: “Speriamo che si siano sbagliati perché se non si sono sbagliati questo è un farabutto che ci ha imbrogliato tutti.” Invece quando trova delle positività l’antidoping non sbaglia quasi mai. E’ l’atleta che ha sbagliato e non l’antidoping. E l’atleta ha semplicemente sbagliato senza prendere in giro nessuno. Ma questa è una cosa molto difficile da capire. L’atleta non prende mai in giro nessuno, fa semplicemente il suo mestiere con la massima onestà possibile. L’antidoping non è certamente disonesto, ha solo dei limiti che sono grotteschi e non è pertanto attrezzato a diminuire il consumo di farmaci fra gli atleti di alto livello. Con l’antidoping non puoi capire se un atleta si aiuta chimicamente o meno, puoi semplicemente capire se fa uso di certi farmaci. Se un atleta usa farmaci vietati vuol dire che è uno sprovveduto oppure che il suo staff medico ha commesso degli errori imperdonabili.

Alla fine si capisce che l’atleta che risulta positivo all’antidoping è proprio quello che ha avuto la peggior assistenza medica e pertanto non è quello che ha un vantaggio sugli altri ma uno svantaggio. Ha usato talmente male il supporto farmacologico da risultare positivo: o ha fatto di testa sua oppure è stato seguito da degli incompetenti.

Anni fa qualche benpensante ha provato a buttare un’idea sull’atletica leggera che era semplicemente assurda: riscrivere la lista dei record del mondo alla luce di criteri di presunta purezza che  nessuno era in grado di determinare. Non potendo gettare nel cesso più di un secolo di storia dell’atletica si pensava di provare ad individuare i record che presumibilmente erano stati ottenuti senza l’ausilio del doping per confermarli come record reali e cancellare tutti quelli che invece si pensava che fossero stati ottenuti anche grazie all’ausilio di pratiche dopanti. Mission impossible. Intanto era impossibile ricostruire a ritroso una colossale storia simile e poi comunque ci si sarebbe trovati di fronte ad un dilemma irrisolvibile. Se, mettiamo il caso, nel 1970 una certa sostanza era consentita e nel 1980 non più, avremmo forse cancellato il record ottenuto dopo il 1980 con quella sostanza e confermato quello ottenuto prima del 1970 sempre usando la stessa sostanza?.

Ai tempi delle piste in carbonella si potevano usare chiodi di tutte le misure, poi con l’avvento delle piste in materiale sintetico è stata vietata l’adozione di chiodi di certe misure, semplicemente per non stracciare la pista che in gomma non può essere violentata da chiodi troppo lunghi. Abbiamo rivisto i record del mondo per questo?

Attenzione che se pigliamo questa strada si può dire tutto ed il contrario di tutto perché io posso sostenere che la sostanza “X” prima del 1970 era ammessa e pertanto tutti i record ottenuti con quella sostanza erano regolari. Qualcun altro può sostenere l’esatto contrario perché afferma che visto che la sostanza “X” non veniva cercata dall’antidoping prima di quegli anni, c’è pure una presunzione di colpevolezza per tutti quegli atleti di quella generazione che possono averla usata senza problemi (un po’ come la storia dei chiodi più lunghi).

Molti hanno sostenuto che certi record ottenuti negli anni ’80 sono imbattibili perché ottenuti quasi certamente anche grazie all’ausilio di sostanze dopanti che adesso verrebbero rilevate dall’antidoping. Chi dice così dimentica che la ricerca farmacologica ha fatto passi da gigante e che adesso ci sono metodi molto meno pericolosi e certamente più efficaci per incrementare il rendimento sportivo e pertanto con l’assistenza medica di adesso quegli atleti farebbero quasi certamente meglio e rischierebbero anche di meno la salute.

Se quei record non vengono più battuti probabilmente è perché parallelamente ad un affinamento dei trattamenti farmacologici non si sono evolute altrettanto le metodiche di allenamento che forse sono state anche un po’ soffocate dall’eccesso di medicalizzazione dello sport. Praticamente si è investito molto per migliorare l’approccio farmacologico ma non si è investito per “eliminarlo” grazie a metodiche di allenamento che potessero funzionare anche senza assistenza medica.

Dire queste cose è un po’ scoperchiare un pentolone che forse non siamo pronti per scoperchiare perché lo sport spettacolo vive ancora un suo candore al quale non si vuole e non si può rinunciare.

In un ipotetico bilancio fra benefici e danni una nuova cultura dello sport adesso farebbe certamente troppi danni perché potrebbe provocare una fuga dei grandi sponsor dallo sport di alto livello. Fin tanto che lo sport di base è inesorabilmente agganciato allo sport spettacolo e ne segue le vicissitudini è impensabile cercare una nuova cultura dello sport, non ci siamo preparati. Come vengono ottenuti i record adesso non ce ne frega proprio nulla, non siamo in grado di decidere se contavano di più i record di una volta o quelli di adesso e possiamo solo sperare che un antidoping anacronistico abbia un minimo di funzione deterrente nei confronti di quegli amatori che per profonda ignoranza credono che sia sufficiente trangugiare qualche sostanza vietata per andare come dei missili.