MOVIMENTO E MOTIVAZIONE

L’attività motoria da assuefazione. La sedentarietà crea delle inerzie, soprattutto psicologiche, che offrono una discreta resistenza al cambiamento. E’ in conseguenza di ciò che chi è attivo a livello motorio tende a rimanere attivo mentre chi è sedentario tende a perpetuare la sua sedentarietà. Nella fisiologia umana è molto più normale e salutare il movimento della sedentarietà però alcune situazioni sociali possono causare un progressivo instaurarsi di abitudini sedentarie che provocano una serie di reazioni a catena che portano alla sedentarietà patologica. Tutta la sedentarietà è patologica ma quella conclamata e di lungo corso è certamente più grave di una pseudo sedentarietà dovuta a circostanze occasionali.

Mentre chi è abituato al movimento e dunque vi è anche assuefatto non ha bisogno di forti motivazioni per continuare a muoversi, chi è immerso nella sedentarietà ha bisogno di forti motivazioni per cambiare il suo stile di vita. Insomma il “cambio di stato” è un evento altamente traumatico, poco probabile e che offre reazioni di adattamento piuttosto significative anche quando pare ben avviato. Pare un po’ di vedere la lotta di chi sta tentando di smettere di fumare che crede di essere sempre a buon punto ma a più riprese si accorge di essere ancora in una fase molto delicata del processo di disintossicazione. Disintossicarsi dalla sedentarietà è altrettanto difficile e richiede una motivazione autentica e continua per un buon periodo almeno fino a quando non si è instaurata una vera esigenza fisiologica al movimento che non è certamente immediata.

La motivazione è certamente influenzata dal tessuto sociale e non è mai solo una spinta interiore. L’ambiente gioca la sua parte e il bombardamento di informazioni provenienti dall’esterno la condizionano in modo determinante.

In che modo le informazioni provenienti dall’esterno vadano a condizionare la motivazione è importante capirlo per poter essere un po’ più attrezzati a rinforzarla ed a proteggerla dalle reazioni di adattamento che spesso sono violente ancor più a livello psicologico che a livello fisico.

Per esempio è innegabile che ai buoni comportamenti in fatto di attività motoria vengano associate anche le buone abitudini in fatto di educazione alimentare. Questo abbinamento, che è certamente sensato da un punto di vista scientifico ed ha motivo di essere approfondito perché la salute si conquista indubbiamente grazie al movimento e grazie anche ad una sana alimentazione, può essere, per certi versi, anche un po’ pericoloso da un punto di vista del carico psicologico.

Gli italiani hanno notoriamente una grande passione per la cucina e molti di essi sono semplicemente terrorizzati dall’idea di mettersi a dieta perché provano un gusto a tavola che ritengono insostituibile ed irrinunciabile.

Per questo associare l’idea di una congrua attività fisica a quella di un razionale regime dietetico è pericoloso. Il pensiero da evitare è il seguente: “Sì, proverei anche a muovermi un po’, ma siccome al movimento è opportuno associare anche una dieta allora non ci provo nemmeno….” La dieta terrorizza e ciò è comprensibile. La dieta è una restrizione, una sofferenza, l’amputazione di un desiderio.

Allora il passo indietro, l’inversione di tendenza è quello di tornare a scindere l’aspetto dietetico da quello prettamente tecnico del movimento. Da un punto di vista scientifico è una mossa maldestra ma da un punto di vista pratico per riuscire a motivare le persone con più efficacia è una strategia molto utile.

Tentare di accostarsi al movimento non è una tortura, non è facile ma non è una privazione e se la privazione è quella di qualche ora di televisione è certamente una privazione ben meno traumatica di quella di qualche cibo succulento.

Inoltre accostarsi al movimento può anche diventare divertente in tempi brevi e se non lo diventa in tempi brevi lo diventa quasi certamente in tempi successivi. Al contrario mettersi a dieta non diventa mai divertente ne in un primo momento e tanto meno in momenti successivi. So che mi sto attirando le ire dei dietologi che si prodigano a dimostrare che ci sono dei regimi dietetici validi sopportabilissimi e che possono dare addirittura entusiasmo al “paziente”. Il fatto è che il loro è proprio un “paziente”, una persona che ha già commesso degli errori in fatto di dieta tali da rischiare di compromettere la salute, mentre il paziente sedentario non è un vero paziente, è semplicemente una persona normale che si è dimenticata del movimento e rischia di diventare un paziente se persiste in questa dimenticanza.

Se riusciamo a svincolare il concetto di dieta da quello di normale attività fisica aumentiamo di molto le possibilità di convertire molti sedentari al movimento. Insomma cominciare a  muoversi è più facile che mettersi a dieta e se a scuola cominciavamo dalle “aste” anche in tema di salute è opportuno cominciare dalle cose più semplici. Non sto affermando che la dieta sia inutile, sto solo tentando di semplificare la vita di chi deve darsi una regolata e anche di chi deve convincere le persone ad accostarsi alle buone abitudini.

L’attività fisica ha un ritorno positivo anche sulla regolazione dei centri dell’appetito e può, in un certo modo, anche contribuire a contenere i disturbi alimentari di chi a tavola è proprio scatenato. Un mio amico correva perchè diceva che lui proprio al cibo non ci rinunciava e l’unico modo per poter mangiare molto senza diventare enorme era quello di fare molta attività fisica. Quel mio amico ha preso gusto per la corsa al punto tale che per correre un pò meglio adesso controlla anche un po’ l’alimentazione in un modo che qualche anno fa non si sarebbe mai sognato di fare.

Osservate le abitudini degli italiani nelle “scampagnate” tipiche dei giorni di festa (tipiche quelle di giorni particolari tipo “Pasquetta”). Possiamo dividere le persone in due categorie grossolane: quelle che si muovono e quelle che mangiano. Tutti mangiano, ma star lì quattro ore a tavola è veramente imbarazzante. Quelli che si muovono non hanno tempo per stare così tanto a tavola. O si muovono o mangiano. Esauriti i normali tempi del pasto non è che quelli che si muovono si inventino il movimento perché non sanno cosa fare, sono quelli che continuano a mangiare che continuano oltre il lecito perché non sanno cosa fare.

La motivazione al movimento è una motivazione abbastanza semplice, naturale che talvolta è sepolta da abitudini acquisite nel tessuto sociale. Se ci fermiamo un attimo ad ascoltare il nostro organismo ci suggerisce che un po’ di movimento è opportuno e a questo non dobbiamo associare alcun obbligo morale di altro tipo.

Dobbiamo liberare la motivazione al movimento dalla gabbia dei doveri. Quello di sentirsi in obbligo di mettersi a dieta nel momento in cui andiamo ad affrontare un sano piano di preparazione fisica è il peggior istinto di refrattarietà ad alcun cambiamento. Il cambiamento può partire solo se accettiamo di partire dalle cose semplici, i grandi proclami non servono a nulla e, tanto per cambiare, il primo obiettivo non deve essere quello di rimodellare in modo decisivo il proprio fisico bensì di fare in modo che una normalissima “Pasquetta” diventi una  gita dove si mangia e ci si muove più che una terribile abbuffata motivata dal fatto che “…io non sono uno sportivo, lo sport mi piace vederlo in tv.”