LA PSICOLOGIA FISIOLOGICA CHE NON SI FA STRADA NELLA TEORIA DEL MOVIMENTO

Circa trent’anni fa si era cominciato a parlare di psicologia fisiologica come di una nuova lente per poter analizzare e comprendere il movimento. Sembrava l’inizio di una rivoluzione che avrebbe potuto portare a scenari decisamente innovativi nell’approccio pseudo scientifico alla teoria del movimento. Evidentemente era una rivoluzione che faceva paura a qualcuno perché venne repressa e proprio più o meno da allora partì invece un forte movimento di restaurazione dell’approccio scientifico di tipo classico. La psicologia fisiologica era pericolosa e lo è ancora per quanto può venire considerata  per venire in soccorso al buio esplorativo degli ultimi trent’anni di teoria del movimento. Se utilizzata ancora come lente per comprendere il movimento forse avrebbe surclassato l’approccio di tipo classico e rischiava di paralizzare il metodo scientifico con riferimento alla fisiologia del movimento. Così ci si è rassegnati a considerarla poco ed a considerarla l’approccio del futuro, non quello del presente quale poteva essere. Forse in questa scelta il mondo sportivo è stato tradito dalla fretta, e probabilmente anche dal denaro. C’era la necessità di codificare dei protocolli pseudo scientifici che potessero portare al miglioramento dei risultati sportivi con una certa attendibilità ed una certa precisione, c’era la necessità di giustificare l’intervento della classe medica nello sport di alto livello, non si poteva ammettere che il dibattito scientifico era ancora in alto mare e non si era ancora scoperto nulla se non che fino a questo punto avevamo agito in modo decisamente empirico e grossolano. Così l’intuizione che tutto doveva passare dalla comprensione del Sistema Nervoso Centrale e dallo studio delle interazioni fra neuroscienze e psicologia è stata repressa e messa in un angolo per lasciare spazio alla medicina.

La medicina applicata allo sport ha permesso un discreto miglioramento dei risultati sportivi, soprattutto ha offerto degli ausili certamente utili agli atleti di alto livello alle prese con preparazioni sportive sempre più stressanti da un punto di vista fisiologico oltre che psicologico e, non da ultimo,  ha consentito un certo controllo dei risultati sportivi grazie ad un sistema di informazioni di tipo chiuso e selettivo denominato volgarmente “antidoping”.

Più o meno tutti gli atleti hanno avuto accesso ai vantaggi garantiti dalla medicina dello sport, più o meno tutti sono stati fortemente controllati e “regolamentati” in questo accesso. Insomma il campione che si inventa campione senza fare i conti con un sistema di controllo non esiste più, salvo che questo campione non sia un marziano che può produrre risultati a go go senza alcun supporto medico.

La strada della psicologia fisiologica era una strada percorribile ma probabilmente era una strada troppo lunga e non portava a risultati certi. Resta il fatto che in alcune discipline sportive non c’è stato un netto incremento dei risultati, almeno non nella misura nella quale avrebbero potuto far supporre gli sforzi per migliorare l’assistenza medica. C’è stata, in certe discipline sportive, una stagnazione dei risultati che detta con un termine più sopportabile potrebbe passare anche come una “standardizzazione” degli stessi. Purtroppo la parola standardizzazione con riferimento a dei campioni che dovrebbero esplorare sempre nuove frontiere è un po’ limitante.

Non si vede all’orizzonte un movimento di tecnici o una scuola di pensiero che voglia indirizzarsi energicamente verso lo studio della psicologia fisiologica per comprendere i misteri della teoria del movimento e così, al paradosso, siamo un po’ più indietro di trent’anni fa quando pareva che fossimo arrivati molto vicini a questo tipo di approccio. La medicina ha un po’ assassinato la teoria del movimento, con un’ espressione meno brutale almeno ne ha deviato fortemente i percorsi esplorativi. Probabilmente non esiste al mondo una struttura organizzativa che abbia i mezzi ed i tempi a disposizione necessari per imbarcarsi in un’avventura del genere e poi forse, sotto sotto, resta un atroce sospetto: che se riusciamo davvero a capirci qualcosa di teoria del movimento grazie alla psicologia fisiologica in un amen tutti i protocolli medici ritenuti fondamentali per preparare gli attuali campioni saltano, lasciando disorientate equipe che per lunghi anni hanno lavorato praticamente solo su quello.