INTELLIGENZA EMOTIVA FATTORE DI PRESTAZIONE

Esistono vari aspetti dell’intelligenza, uno molto importante è quello dell’intelligenza emotiva, pure difficile da definire e che comunque ha a che fare con la capacità di provare e gestire le emozioni. In realtà “gestire” non è proprio un bel verbo con riferimento alle emozioni, ma in ogni caso oltre all’aspetto della percezione ne deve esistere anche uno del vissuto che necessariamente si confronta con un minimo di razionalizzazione anche se ciò può apparire contraddittorio.

Ritengo che una buona intelligenza emotiva sia un importante fattore di prestazione anche nello sport perché le emozioni sono un po’ il carburante dello sport.

Una buona intelligenza emotiva consente di cogliere aspetti motivazionali che chi non può contare su questa fatica a decodificare. Lo stesso ambiente può essere molto motivante per un certo soggetto e meno motivante per un altro. Quando questa motivazione è sana e fisiologica è indubbiamente un vantaggio cogliere con elevata sensibilità le situazioni che possono alimentarla, al contrario, quando la motivazione è addirittura esagerata e da origine a quadri ansiogeni c’è da sperare in quella componente razionale dell’intelligenza emotiva che ci consente di ottimizzare gli stimoli.

Perché accenno all’importanza dell’intelligenza emotiva come fattore di prestazione quando potrebbe sembrare molto più logico disquisire sull’intelligenza motoria altamente specifica e che è certamente alla base del successo nell’affrontare compiti motori di una certa complessità? Per il semplice motivo che quest’ultima è indubbiamente al centro dell’attenzione quando trattiamo di sport e attività fisica in genere mentre l’intelligenza emotiva viene più comunemente associata ad altre questioni dell’esistenza.

Abbiamo almeno due aspetti per i quali l’intelligenza emotiva è importante. Uno indiretto che riguarda in modo più semplice l’intelligenza emotiva ma che alla fine incide sul comportamento dell’individuo-atleta in quanto tutt’uno che non può scindere l’aspetto emotivo da quello prettamente tecnico. Esempio terra terra, l’atleta che fa fatica a gestire i sentimenti e si trova con questioni sentimentali un po’ pesanti che lo limitano come atleta e fanno passare il suo essere atleta molto in secondo ordine rispetto a questioni che diventano drammaticamente urgenti. Poi c’è l’aspetto diretto che è ancora più complesso ma deve giustamente essere compreso e studiato da noi esperti del movimento perché riguarda proprio direttamente il rendimento sportivo e tutta la filosofia di approccio allo sport. Può sembrare strano trattare di “sentimenti” che riguardano lo sport ma anche se è difficile chiamarli così sono in ogni caso “elementi emotivi” fortemente correlati con il gesto motorio. Solo chi pratica sport in modo asettico, monotono e senza rendersene conto non ha alcun coinvolgimento emotivo nella pratica sportiva, se questo coinvolgimento invece è elevato può concretizzare per esempio una grande differenza fra un podista che corre 20 chilometri assolutamente da solo ed uno che corre la stessa distanza in mezzo ad una marea di contendenti.

Ci si può chiedere se questa intelligenza emotiva sia solamente innata o se invece possa essere anche allenabile, affinabile e messa a punto in modo specifico per determinate esigenze. Penso che lo sport richieda una buona intelligenza emotiva e pertanto ritengo che possa essere anche quell’attività idonea a svilupparla. L’atleta di alto livello si trova costretto a sviluppare una buona intelligenza emotiva anche se non ce l’ha altrimenti non riesce a progredire. Il solo affinamento delle doti tecniche, delle capacità coordinative e condizionali non è sufficiente per poter migliorare con una buona continuità.

I modi per sviluppare l’intelligenza emotiva sono essenzialmente due: per idealizzazione e per risposta. Più schematicamente in modo attivo e passivo. Il primo modo è tipico della situazione di allenamento dove l’atleta ha tutto il tempo di interiorizzare e costruire un qualcosa di nuovo attorno al vissuto nella pratica sportiva. Il secondo modo è tipico della competizione dove in presenza di una molteplicità di stimoli l’atleta seleziona le strategie per regolare le condizioni emozionali in modo ottimale non solo frenando ma anche cogliendo il dettaglio emozionale della situazione. In questo panorama non si tratta di inventare nulla se non un proprio modo di reagire alla competizione. In gergo diciamo che in allenamento l’atleta ricerca la carica, la motivazione dentro di sé mentre in gara cerca quella capacità di controllo che consente di regolare al meglio la condizione emozionale per poter offrire il massimo rendimento. Nel primo caso aumenta l’intensità delle percezioni, nel secondo caso le filtra e le modula.

Ovviamente questo lavoro deve essere calibrato su precisi compiti sportivi e così per esempio il corridore di lunghe distanze deve “spalmare” la carica motivazionale su un periodo molto lungo, mentre il saltatore o il lanciatore devono avere la capacità di concentrare questa carica in pochi istanti.

C’è un’intelligenza emotiva di “squadra” dove per esempio degli staffettisti offrono un grande rendimento sportivo per compensare una controprestazione di un componente della staffetta che ha bisogno di questo atteggiamento solidale per non diventare protagonista negativo dell’evento. La stessa situazione si può verificare in una squadra di calcio quando un giocatore viene espulso per un’ autentica fesseria e quel suo gesto, magari istintivo, può compromettere del tutto la prestazione della squadra. E’ indice di grande intelligenza emotiva il comportamento di tutto il resto della squadra che in dieci riescono a tamponare questa situazione di emergenza e scongiurare la disfatta che andrebbe a gravare fortemente sulla condizione emotiva del protagonista della vicenda. Stessa situazione si presenta nelle famose qualificazioni ai rigori dove c’è una componente emotiva elevatissima e dove l’errore di un solo soggetto può essere determinante. Queste situazioni ci impongono di vedere l’intelligenza emotiva nei suoi due aspetti perché se da un lato c’è quella passiva del singolo giocatore sotto stress che non riesce a reagire al gran carico emotivo, dall’altra c’è quella dell’intera squadra che, al contrario, reagisce positivamente all’episodio nefasto e trova le energie per porvi rimedio.

Insomma l’intelligenza emotiva è un complesso fattore di prestazione che incide in modi anche difficilmente leggibili sul risultato sportivo ma non per questo merita di essere trascurata.

Ovviamente di queste cose applicate allo sport non si trova pressoche nulla in letteratura se non che un certo tipo di sport abbia necessità del sostegno dello psicologo.

Secondo lo scrivente l’intelligenza emotiva è forse ancora più importante nell’attività sportiva di basso livello, dove non ci sono assolutamente i mezzi economici per rivolgersi allo psicologo ed allora, con gaudio e tripudio della categoria degli psicologi, io vado in controtendenza affermando una delle mie teorie bislacche e cioè che, al contrario, un certo tipo di sport può essere palestra di allenamento per l’intelligenza emotiva al punto da poterci far risparmiare i soldi per lo psicologo e dunque come nel caso dei farmaci rigiro la frittata: mentre lo sport di alto livello ti porta a consumare più farmaci per compensare certe situazioni di stress, quello per la salute ti porta a ridurre il consumo di farmaci perché un ritrovato equilibrio rende inutile una serie di farmaci di uso comune. Ugualmente mentre lo sport di alto livello crea situazioni stressanti ad alto contenuto emozionale che possono necessitare dell’assistenza dello psicologo, quello di basso livello esercita un’ azione di controllo della tensione emotiva che torna utile in tutte le attività e può addirittura sostituire l’appoggio dello psicologo invocato per questioni che non c’entrano niente con lo sport.

Nell’era della medicalizzazione dell’esistenza questa visione è semplicemente eretica. Non mi permetto di insegnare niente a nessuno, mi preme sottolineare come la televisione si possa vedere anche dietro e quando dietro uno vede che c’è una grande quantità di polvere può dare una spolverata fugace per poi uscire dalla porta.