IL NODO DELL’ATTIVITA’ MOTORIA ALL’APERTO

I due “buconi” dell’attività motoria in Italia sono in qualche modo collegati fra loro.

Uno è di tipo temporale-culturale e l’altro di tipo spaziale-organizzativo. Risolvendo il secondo forse si possono gettare le basi per risolvere anche il primo.

Con ordine: il “bucone” di tipo temporale si riferisce a quell’enorme fascia di popolazione di età compresa fra i 16-17 ed i 30-35 anni, curiosamente coincidente con l’età del massimo rendimento sportivo e ciò può apparire una contraddizione, ma non lo è.

In effetti in quella fascia di età l’attività motoria è considerata esclusivamente come attività agonistica, come sport e non esistono vie di mezzo. Il ventenne che fa sport lo pratica essenzialmente a livello agonistico, se non pratica alcuno sport molto spesso è abbandonato ad una pericolosa sedentarietà, tanto più pericolosa in quanto i suoi danni a quell’età sono ancora silenti perché la condizione fisica è al top e maschera bene i danni della sedentarietà che però sotto sotto sta già provocando i disastri futuri.

Il secondo “bucone”, collegato al primo, è quello spaziale-organizzativo nel senso che negli spazi all’aperto (che, almeno per ora, sono ancora più grandi e salubri di quelli al coperto…) non è concepita alcuna organizzazione istituzionale di attività fisica che non sia sport.

Praticamente chi svolge attività fisica all’aperto, se non è coinvolto in un contesto sportivo, fa sempre da sé, da autodidatta e, se vuole un certo tipo di assistenza, deve andare a chiudersi dentro ad una palestra dove può contare sulla’assistenza tecnica di un istruttore.

L’altro giorno, dopo 40 anni di mediocre ma continua militanza nell’atletica leggera, ho rischiato di restare fuori dal campo sportivo per la prima volta in vita mia. Molto semplicemente vi sono stati alcuni furti all’interno dell’impianto per l’atletica ed hanno incaricato un dipendente del Comune di venire a controllare gli accessi. Tanti frequentatori dell’impianto non sono in regola con le norme che garantiscono l’accesso anche perché le società sportive, in crisi economica, non hanno più nemmeno le risorse per pagare le tasse di accesso.

Tentando di spiegare la normalità di questa situazione al controllore che ha avuto la pazienza di ascoltarmi mi sono reso conto che raccontavo la storia del  buco organizzativo dell’attività motoria verso i non agonisti in Italia.  Il controllore, giustamente, mi ha fatto notare che lui di queste cose non poteva saperne nulla e che noi dovevamo invitare le nostre società sportive a regolarizzare la loro posizione nei confronti del Comune anche perché un articolo sul giornale locale aveva preannunciato questi controlli in seguito ai furti denunciati.

A quel punto, garbatamente, ho provato ad estendere il concetto ma rischiavo di essere frainteso perché andavo a sviscerare un argomento che per noi italiani non è assolutamente normale.

Volevo semplicemente dire che l’articolo sul giornale doveva servire a riempire il campo e non a svuotarlo. La vera notizia è che per accedere ad un impianto pubblico per l’atletica leggera è sufficiente pagare una quota annua che è pari si e no alla ventesima parte del costo sostenuto per frequentare una palestra privata. Questa è la vera notizia e va giustamente pubblicizzata. Se la gente legge solo che verranno intensificati i controlli perché ci sono stati i ladri va a pensare che è un posto poco sicuro dove chissà quanto si paga e da oggi non pensate di farla franca perché se entrate senza tessera vi arrestano, in sintesi statevene a casa o andate a correre altrove.

Torniamo all’eterno problema della pubblicizzazione dell’attività motoria: mentre i privati hanno grandi capacità di pubblicizzazione delle loro attività e riescono a riempire le loro palestre il pubblico non ha queste capacità ed è facile che alcuni impianti restino sottoutilizzati alimentando addirittura dubbi sulla convenienza economica a tenerli aperti.

In realtà gli impianti pubblici per l’attività motoria all’aperto sono fondamentali, colmano una lacuna che i privati non sono certamente in grado di colmare e sono importantissimi per la salute dei cittadini. La prevenzione diretta sulla salute si fa proprio tenendo aperti questi impianti ed anzi facendoli funzionare nel miglior modo possibile e quindi anche pubblicizzando il basso costo di fruizione per la cittadinanza.

Quando tutta la popolazione sa che l’impianto è accessibile a bassi prezzi allora l’utilizzazione migliora e viene razionalizzata, a quel punto il controllore può venire tranquillamente a controllare gli accessi senza ombra di equivoco e tutti gli utilizzatori saranno ben contenti di regolarizzare la loro posizione.

La federazione di atletica ha un discreto numero di praticanti agonisti ma ha un potenziale numero di atleti non agonisti che hanno bisogno di tesserarsi per accedere regolarmente ai campi che è semplicemente spaventoso. Se la federazione di atletica vuole ignorarli perché da questi difficilmente verrà fuori il campione che deve rinverdire i fasti dell’atletica italiana allora non è al passo con i tempi e tralascia un concetto di attività motoria di prevenzione che dovrebbe essere il fiore all’occhiello della pratica dell’atletica leggera.

Al momento questa è utopia ed un ignaro ed incolpevole dipendente del Comune si trova a svolgere un ruolo decisamente imbarazzante non per colpa di quattro ladri che hanno rubato nel posto sbagliato ma per colpa di un sistema organizzativo dell’attività motoria in Italia che è ancora alquanto arretrato.