FANTASCIENZA

“Se ti arroghi il diritto di trattare di politica perché dici che tutto è politica ed alla fine non si può parlare di organizzazione dell’attività motoria per tutti senza trattare di politica, allora descrivi punti ben precisi che affronteresti se ti dessero una delega in bianco sull’attività motoria (e magari pure alla mobilità urbana perché abbiamo capito benissimo che tu ti allarghi istintivamente su quello…). Così almeno puoi essere criticabile in senso pratico e non in senso generico. In senso generico tutto può andare bene poi è al lato pratico, quando lo applichi sul territorio, che rischi di fare disastri e scontenti il doppio delle persone che accontenti…”.

 

Bene allora scrivo un po’ di righe di fantascienza pratica ma poche perché purtroppo la “fantascienza pratica” non esiste ed esiste invece una realtà in lenta e costante evoluzione che non fa certamente i conti con le mie idee balzane.

 

Allora il mio primo punto politico, un po’ a sorpresa ma non troppo, è che metterei tutti i centri storici delle nostre città ai 30 chilometri all’ora. Ma non lo farei nemmeno per un fatto di diffusione dell’attività motoria quanto per un discorso di sicurezza di tutti i cittadini, pure dei sedentari. Il limite dei 50 chilometri all’ora nei nostri centri storici è decisamente troppo pericoloso: vuol dire che uno può fare i 55 chilometri all’ora senza prendere la multa, il che vuol dire che può tranquillamente uccidere un pedone senza prendere la multa perché il pedone ai 55 non lo ferisci, lo ammazzi proprio. “M’ha attraversato la strada all’improvviso senza guardare, non stavo andando veloce, stavo facendo i 55…”. Non puoi fare i 55 (ma nemmeno i 51 o i 47, a 42 chilometri all’ora cominci già ad essere un po’ pericoloso) perché in centro storico è pure possibile che un rimbambito ti attraversi la strada all’improvviso senza rendersi conto che è in mezzo alla strada. Il limite dei 30 fa fatica a diffondersi anche perché in Italia c’è la tragedia dell’autovelox che si è sostituito al buon senso e così accade che appena istituito il sacrosanto limite dei 30 km/h cominciano a fioccare multe di autovelox a masse di automobilisti che facevano innocentemente i 38 chilometri all’ora. Il buon senso è molto più importante dell’autovelox e mentre l’autovelox è deficiente il buon senso ti dice che in presenza del limite dei 30 fare meno dei 35 non è assolutamente necessario (e fin qui ci arriva anche il nostro codice della strada). Fra i 35 ed i 40 chilometri all’ora fai un po’ di attenzione ma nessuno ti dovrebbe fare la multa (per la legge del buon senso e non per quella dell’autovelox). Fra i 40 ed i 45 stai già facendo qualcosa di sbagliato e devi saperlo e se trovi il vigile con le scatole girate può già darti la multa. Fra i 45 ed i 50 è lì il grosso polpettone: non si fa perché nei nostri centri non si può fare ed è la velocità alla quale accadono la maggior parte degli incidenti nei centri storici (per fortuna non mortali). Oltre i 50 devono assolutamente farti la multa ed a 55 in certe vie strette sei semplicemente da galera, altro che 55 tollerati per legge.

Con le città ai 30 all’ora (e possibilmente con un uso razionale dell’autovelox per non mettere nuove tasse ingiuste per i cittadini) abbiamo già risolto una buona parte dei problemi di mobilità nelle città.

Il passo successivo sarebbe la creazione di una rete di piste ciclabili efficienti e lì si tratta di grossi investimenti perché molte città di rete ciclabile non ne hanno nemmeno l’ombra ed andrebbe progettata ex novo. Lì daresti davvero da lavorare a tanta gente perché sarebbe un po’ come l’Italia degli anni ’60 con la rete stradale che era tutta da inventare. Qui si tratterebbe di inventarsi la rete ciclabile Italiana, circa 60 anni dopo quella fatta per le auto.

Siamo già nella fantascienza con tanto di investimenti colossali, mercato dell’auto che va in crisi e gente che scende in piazza a protestare. E’ chiaro che se prima non riconverti l’industria automobilistica che in Italia è bella e forte vai incontro a guai certi. Allora parallelamente alla costruzione della rete ciclabile dovrebbero essere fatti grandi investimenti anche sull’industria automobilistica che, per sopravvivere, dovrebbe arrivare per prima su settori dove nessuno ha interesse ad arrivare per primo. Sono state fatte tante leggi in Italia per salvare l’industria automobilistica non si vede perché non si possa farne una che ci costringa a superare gli altri sull’elettrico. L’elettrico si sviluppa se lo incentivi. Altrimenti la gente continua ad andare a petrolio ma in quel modo l’industria resta ferma al palo e non si evolve.

Non c’è nessun politico italiano in grado di fare discorsi di questo genere perché scelte politiche tali avrebbero una portata colossale. Diventeresti il più competitivo produttore di elettrico nel mondo e sconquasseresti il mercato cominciando a vendere molto in Europa dove c’è un’ alta sensibilità su queste cose. Ovviamente non siamo noi a decidere su queste cose. Nemmeno se tutti gli italiani fossero assolutamente d’accordo.

Per cui siamo già passati in un attimo dalla fantascienza all’utopia.

Ed allora torniamo un attimo sul concreto dove non c’è bisogno di grossi investimenti. L’insegnante di educazione fisica di quartiere: è quello che sto tentando di predicare io da anni senza nessuna sponsorizzazione politica. Far passare il concetto che tutti hanno diritto a praticare un po’ di sana attività motoria e dunque hanno pure diritto ad un minimo di assistenza gratis sul territorio. Il personal trainer gratuito è un fatto folcloristico ma l’insegnante di quartiere sarebbe una mossa concreta, visibile e certamente utile.

Non tutto è utopia. Decisamente c’è un fatto culturale sotto e capire che c’è collegamento fra l’attività motoria che facciamo tutti i giorni e gli interessi di un certo tipo di industrie non è molto difficile. Facciamo tutti la nostra parte e se molti miei colleghi lanciassero la moda della palestra che ti tiene per sistemarti e metterti in grado di camminare e/o correre senza problemi invece che tenerti in palestra a camminare, pedalare e/o sollevare pesi, mi piacerebbe vedere anche molte più palestre in centro storico (che andrebbero incentivate) dove la gente entra camminando malino ed esce camminando meglio. Le palestre che lavorano bene in centro sono più gradite delle banche. Di banche si può pure farne qualcuna di colossale in periferia magari di quelle che si fa tutto in vetrina così come si usa in certe mega palestre alla moda al giorno d’oggi. E’ l’eterno conflitto fra salute e mercato. La salute ha bisogno delle palestre che lavorano bene e le banche te le confina in periferia, il mercato tende a fare il contrario.