Domanda sull’eventuale partecipazione di squadre di calcio italiane a tornei particolari

“Nell’articolo – I veri problemi dello sport – hai affrontato in modo inequivocabile il discorso della Superlega nel calcio, però, come spesso capita, hai fatto un discorso puramente teorico senza esprimere un parere ben netto sulla questione. Secondo te eventuali club italiani hanno il diritto o no di partecipare a questa pagliacciata? Se fossi il presidente della Federazione come ti comporteresti nei loro confronti?”

 

Io non ho mai avuto nessun incarico nemmeno a livello infimo nel calcio se non come tecnico preparatore in squadre di livello molto basso e come tecnico nel calcio a 5 che, anche se la gente comune non se ne rende conto, è profondamente diverso dal calcio a 11. Pertanto quel “Se tu fossi presidente della Federazione” proprio non ci sta. Mi occupo di sport, questo è vero, anche se sottolineo spesso come sport e attività fisica per la popolazione non siano un unico concetto (ed è per quello che su questo sito faccio di quei polpettoni galattici sulle piste ciclabili: la questione attività motoria generale nel nostro paese è addirittura più urgente di quella che riguarda lo sport).

Trattando di sport a livello generale, ma ancor più di società intesa come “popolazione” (e non come società di calcio dunque) ed è questa la premessa imprescindibile per poter capire il mio punto di vista, mi sono permesso il lusso di esprimere un parere sulla questione della presunta iscrizione di squadre di calcio italiane alla fantomatica “Superlega” che vogliono allestire in Europa essenzialmente per problemi di sponsorizzazione, non certo per problemi organizzativi del grande calcio.

Parto dal presupposto che lo sportivo è anzitutto un cittadino e come tale può essere un cittadino che pratica sport o comunque svolge un certo tipo di attività  motoria per stare in salute. Per conto mio, ma questo è un parere esclusivamente personale che è da comune persona della strada e non è nemmeno da esperto del movimento, perché penso che riferirei le stesse cose anche se fossi un impiegato di banca o un postino o un idraulico (mestiere fra l’altro che ho sempre invidiato ma proprio non sono preparato…) l’attività fisica del comune cittadino di qualsiasi età, sia esso sport o semplicemente girare in bicicletta o a piedi per la propria città, è molto più importante di quella che vede in televisione praticata da altri cittadini che quasi sempre sono professionisti e che comunque sono sempre rimborsati più che adeguatamente per compiere quelle gesta sportive e non devono certamente pagare alcuna quota di tesseramento annuale per quella fantastica attività.

Pertanto, per conto mio, questa non è una disputa di sport ma essenzialmente una disputa di televisione. Siccome non ho mai fatto tv e anche se si guasta una tv non so minimamente come funziona (ma riparare tv, francamente è un mestiere che invidio meno, non me ne voglia chi fa con passione e dedizione questo mestiere…) non dovrei trattare una questione essenzialmente televisiva. Invece anche questa la tratto da comune cittadino, intanto perché pago il canone e quindi come tanti altri cittadini sono piuttosto preso in giro dalla tv di stato che su certe cose a mio parere non è molto educativa e poi perché ho questa strana sensazione più volte trapelata da molti miei articoli apparsi su questo sito che fra maldestra utilizzazione dell’apparecchio televisivo e sedentarietà patologica in Italia ci sia una forte correlazione. In sintesi non è vero che la televisione non c’entri niente con l’attività motoria di base degli italiani, purtroppo c’entra e scrivo purtroppo, perché sempre a mio parere sono convinto che questo stramaledetto elettrodomestico funzioni da freno ad una concreta e capillare lotta alla sedentarietà.

Mi si chiede una risposta ben precisa sulla partecipazione delle squadre italiane di calcio a questo torneo ed io meno il can per l’aia e formulo invece una risposta ben precisa e ancora più pesante su un fatto che non fa discutere nessuno e che non scandalizza nessuno. Io sono indignato del fatto che si continui a fare la pubblicità dei farmaci in televisione e trovo scandaloso che i medici come ordine professionale non si ribellino a questa mercificazione, a questa umiliazione della loro professione. Se ho bisogno di un farmaco vado dal medico ed è lui a stabilire se ne ho davvero bisogno o meno ed è lui a stabilire che farmaco devo prendere, non è certamente guardando la televisione che scelgo che farmaco acquistare. Il farmaco è e deve essere un bene a consumo fisso, se i medici lavorano bene ne abbiamo sempre meno bisogno (perché fanno prevenzione, ma questo è un tasto delicato perché fra le mie altre flippe io dico che la prevenzione la facciamo anche noi esperti del movimento…) e non esiste che un telespettatore decida di comprare una certa medicina perché ne ha visto la pubblicità in tv.

Pertanto come cittadino che paga il canone mi sento offeso da questi contenuti diseducativi che passano in televisione ma aggiungo anche che visto che pago un canone mi attenderei che ci fosse una quantità inferiore di pubblicità e soprattutto che non fossero pubblicizzati certi beni di consumo che non sono molto utili alla popolazione e creano invece problemi di vario tipo.

Dopo questo giro pindarico arrivo alla risposta ben chiara sul quesito di stampo “calcistico”. Visto che il problema è un problema di sport quando è tutelata la pratica dello sport per tutti a mio parere i professionisti dello sport possono pure farsi il torneo anche per chi guadagna oltre una certa cifra se hanno paura di giocare contro pezzenti dei bassi fondi e il telespettatore è libero di guardarsi per televisione tutto ciò che vuole. L’importante è che non si faccia passare l’opportunità di questa pagliacciata come una cosa necessaria e fondamentale per finanziare lo sport giovanile e lo sport di base perché quello deve essere garantito dal sistema organizzativo dello sport anche ricorrendo se necessario a fondi pubblici.

C’è un’altra questione a mio parere che dovrebbe porre grandi interrogativi al grande calcio ed è una questione tecnica che ha risvolti etici particolari sulla quale si può discutere apertamente e penso che non sia proprio facile discuterne. Lì ho una mia opinione ma è decisamente più confusa di quella che ho sul tema della superlega. Questa patacca è il discorso del gran numero di atleti stranieri impiegato dalla squadre di calcio professionistiche. So che accennando all’argomento posso sollevare un vespaio di polemiche e la questione deve giustamente essere affrontata da molti punti di vista.

A sorpresa sono tendenzialmente contro l’impiego di un numero troppo elevato di calciatori stranieri nelle squadre italiane. Potrei sembrare razzista a dire così. Se un talento è un talento che sia italiano o meno è giusto che sia scelto da quasiasi squadra. Ed il principio da un punto di vista etico non fa una piega. C’è che esiste un problema tecnico, che purtroppo è vero che i nostri ragazzi se non ci inventiamo qualche stratagemma per dargli nuove opportunità rischiano di non trovare spazio in un calcio che ospita sempre più atleti stranieri. Adesso qui qualcuno mi dirà che di calcio non ci capisco proprio un cavolo ma ciò non mi impedisce di fare una constatazione un po’ strana. Anche nell’atletica, sport dal quale provengo c’è un’inflazione di atleti stranieri che vengono a primeggiare nella competizioni organizzate sul nostro territorio ma quello non è un limite per i nostri atleti, anzi un’occasione di arricchimento. Il mezzofondista italiano di buon livello non ha bisogno di andare a gareggiare all’estero per confrontarsi con un grande campione perchè arriva l’ultimo dei keniani e già la faccenda diventa molto complicata. E’ vero che vincere fa sempre piacere, ma insomma la vittoria autentica è quando batti atleti di un certo livello oppure puoi accontentarti di essere il miglore degli italiani. In ogni caso puoi partecipare, puoi giocare le tue carte e la partecipazione di quel forte atleta straniero non preclude la tua. Ed è questo il punto decisivo che fara dire ai miei lettori: “Tu occupati di atletica che di calcio non ci capisci un cavolo…”. Mentre nell’atletica leggera l’atleta straniero va a vincere la competizione anche del cavolo organizzata alla sagra del paese perchè basta che ci siano due euro di premio ed agli atleti africani di secondo livello fanno comodo pure quelli, ma l’atleta italiano può comunque partecipare, anzi addirittura a volte ha proprio un premio come primo atleta italiano, nel grande calcio si gioca undici contro undici e se di quei 22 giocatori in campo 15 sono stranieri purtroppo per i calciatori italiani resta un po’ poco spazio.

Allora tornando al discorso della superlega che per conto mio è una cosa che va quasi fuori dallo sport (chi cavolo la arbitra poi questa superlega?) io andrei quasi a fare una distinzione fra questa cosa da spettacolo televisivo e attività federale qual’è il campionato nazionale di calcio, dicendo: “La superlega ve la giocate con chi cavolo volete che tanto non è attività federale, nel campionato nazionale di calcio per una mera questione tecnica di necessità di valorizzazione tecnica dei nostri giocatori lasciate per regolamento ampio spazio ai giocatori italiani.”

Rigirando la frittata ripristinerei una vecchia norma del calcio italiano che so benissimo che la maggior parte dei tifosi non vogliono, ma io non devo mica scrivere per i tifosi scrivo ciò che penso in materia di sport punto e basta: invece di mettere un limite massimo di giocatori stranieri in campo metterei un numero minimo di giocatori italiani. Pare una presa in giro perché vuol dire comunque con un’altra formula tornare indietro e ripristinare la vecchia regola. In effetti è così e molti mi diranno che tale soluzione è pure una scelta di stampo leghista potenzialmente razzista e non al passo con i tempi. Razzista direi proprio no perchè ammette, al contrario, implicitamente, il fatto che i giocatori stranieri sono talmente forti che possono addirittura togliere spazio ai nostri. Leghista, forse, è anche possibile così capite che quando dico che non sono schierato politicamente non vi dico balle. Purtroppo se di atleti stranieri in certi sport (come nell’atletica) ce ne possono stare fin che si vuole e fanno solo bene al contesto generale, in altri sport gli atleti stranieri se sono troppi rischiano anche di soffocare un po’ lo sport nazionale. Senza esagerare, un piccolo freno ce lo metterei. Forse solo perché non ci capisco un cavolo di calcio…