Domanda sulla crisi dell’atletica

La domanda sulla crisi dell’atletica mette in crisi anche me. Penso che sia veramente una crisi di valori oltre che una crisi di sistema organizzativo. Ecco il testo integrale e poi il tentativo terribilmente goffo di risposta:

“Sono un ex atleta che nella sua “attività” ha corso di tutto. Ex perché ora non posso più correre perché ho usurato parte dei componenti che servono per… correre.

Ho curiosato nel sito e ho letto qualche articolo pubblicato. Con molta più calma leggerò altre sezioni e sicuramente avrò qualche altra domanda da fare.

L’atletica italiana, dopo alcuni periodi fiorenti è caduta in una crisi che sembra non finire più. Burocrazia, soldi e sponsor che non ci sono mettono in crisi tante società che non sono più in grado di organizzare gare. Resistono solo pochi eventi che però propongono distanze inusuali per la maggior parte del popolo marciatore.

Quale potrebbe essere una soluzione scacciacrisi che ci permetta di far ripartire questo fantastico mondo?”

 

Ci vorrebbe la bacchetta magica… Ma non posso accontentarmi di risponderti così visto che è da circa quarant’anni che mi interesso di atletica. Ti dirò che non invidio il presidente della Federazione. Pare che uno dei suoi problemi sia quello di difendersi dall’accusa di doping che sta piombando addosso ad alcuni atleti in conseguenza degli sviluppi del caso Schwazer. Magari il vero problema fosse quello. Anche che il doping possa riguardare un migliaio di atleti, il problema vero ce l’abbiamo con i centomila atleti che mancano all’appello, non con i mille che si dopano.

Purtroppo anche in questo caso si da una terribile importanza all’immagine, alla facciata, e si trascura la sostanza, quello che c’è dietro che è molto più importante.

Il doping è un fatto di ipocrisia giornalistica. Tutti sappiamo che l’antidoping è perennemente inadeguato e fonte di ingiustizie. Gli atleti che vengono trovati positivi sono atleti che certamente hanno commesso degli errori ma spesso non sono quelli che usano più farmaci. Loro risultano dopati e pertanto perseguibili gli altri risultano negativi e pertanto non perseguibili. La sostanza non cambia. Tutto lo sport di alto livello, non solo l’atletica, fa i conti con questo problema e non è certamente risolvibile con i controlli di antidoping che generano solo caos nell’opinione pubblica.

Il vero problema dell’atletica, più che il doping (che a mio parere è equipresente in tutti gli sport e pertanto non un problema tipico dell’atletica) è il mutamento di alcuni valori dello sport. Sappiamo sempre più cose del vincitore, non sappiamo più nulla del secondo classificato. Anzi talvolta proprio non sappiamo chi sia. Conta solo il vincitore. Se conta solo il vincitore facciamo le gare solo con i numeri uno, vediamo se fanno il record del mondo e basta. L’atletica vera, quella che, anche in Italia, fino a qualche decina di anni fa produceva continuamente un buon numero di campioni e soprattutto anche una bella quantità di seconde schiere, è un’atletica dove ogni piazzamento scalato ha un suo significato.

Al giorno d’oggi s’è scavato un baratro fra i campioni ed i numeri due. Complice anche il doping, ma non possiamo dare tutte le colpe al doping. Ai miei tempi per far vincere il big in una determinata gara bisognava pagare i numeri due perché andassero piano. E questa che poteva sembrare una cosa scandalosa era una cosa in realtà fantastica perché vuol dire che per ogni campione  vi erano decine di atleti di secondo livello pronti a scavalcare il campione se questo aveva un momento di cedimento.

Se guardiamo ai record l’atletica non è in crisi nera. Vi sono dei record che vengono avvicinati ed altri che vengono ancora battuti, anche se con meno frequenza rispetto ai tempi d’oro. La crisi nera è nelle retrovie. Quanti ragazzi abbiamo in Italia in grado di correre i 100 metri in meno di 11″ netti? E, ancora peggio, quanti in grado di saltare in alto più di 2 metri? Oppure, nonostante il  proliferare delle corse su strada, quanti in grado di correre i 5000 metri in meno di 15′? In tutti i casi la risposta è “Molti di meno di 20-30 anni fa”. Ma come, il progresso non dovrebbe portare ad un miglioramento dei risultati in tutti i campi? Nell’atletica no. Siamo tornati indietro. Non mancano i risultati di vertice perché quelli fruttano danaro e notorietà, mancano i buoni risultati di chi si applica anche senza essere un campione.

Questa è un’analisi spietata ed un po’ triste della realtà attuale. Soluzioni miracolose non me ne vengono in mente. A livello mediatico forse sarebbe il caso di tornare a parlare anche dei numeri due invece che di indugiare sul gossip dei primi. A livello organizzativo forse si potrebbero studiare soluzioni più coinvolgenti per gli atleti di medio valore in pista. La strada sta sopravvivendo discretamente perché probabilmente riesce a coinvolgere anche le seconde schiere, la pista no. Mi viene da pensare che si potrebbe tentare un gemellaggio pista-strada con riferimento al mezzofondo creando dei circuiti misti dove tre prove possono essere corse su strada ed altre tre prove, per esempio,  un 1500, un 5000 ed un 10000 (distanza in via di estinzione…) su pista. Ma la pista ha bisogno di una rivitalizzazione anche con riferimento alle specialità tecniche e li davvero occorre qualche strategia particolare. Non oso chiamare in causa la scuola che ho già criticato abbastanza con riferimento alla scarsità di abitudine al movimento dei bambini… però i Giochi della Gioventù che avevano lanciato l’atletica degli anni ’70 se li era inventati proprio la scuola!