Domanda su “L’individuo al centro dell’universo”

Non capisco con che criterio passi a dire che siccome l’individuo è al “centro dell’Universo” allora la realtà soggettiva è la più importante nelle questioni di attività motoria e pertanto le scelte su quella devono essere informate soprattutto dal criterio della realtà soggettiva. Può sembrare un gioco di parole, ma il fatto che per un certo soggetto sia più importante una bottiglia che casca da una mensola rispetto ad un terremoto di magnitudo 7 che accade dall’altra parte della terra non è un fatto soggettivo bensì oggettivo perché quel soggetto, se non sta attento, viene spedito al pronto soccorso dalla bottiglia che gli casca in testa mentre del terremoto di magnitudo 7 che fa danni incalcolabili verrà a saperne più tardi dalla televisione ma non se ne accorge nemmeno. E così, traslando il concetto, per chi vive a Bergamo il centro dell’Universo è Bergamo mentre per chi vive a Toronto il centro dell’Universo è Toronto.

Ma se tu pigli l’eritropoietina, e con quella assunzione in poco tempo hai i miglioramenti che avresti in due o tre anni di allenamento, che la pigli a Toronto o a Bergamo non cambia nulla e pertanto esiste una realtà oggettiva dell’attività motoria che non può assolutamente essere ignorata. Il tuo mi pare un discorso un po’ romantico che può anche essere divertente leggere ma quando si parla di sport di alto livello c’è poco da fare i romantici, ci sono delle leggi da rispettare, molti atleti fanno di tutto per dribblarle nel modo migliore possibile e, pur risultando negativi all’antidoping, perché questa è la condizione necessaria per non essere squalificati, buttano giù tante di quelle porcherie da far paura perché vincere frutta molto danaro ed il danaro non fa schifo a nessuno.

La realtà oggettiva dello sport di alto livello è questa, dopo si possono fare un sacco di discorsi filosofici che però riguardano essenzialmente lo sport per divertirsi, che forse poi è lo sport vero, ma lì il risultato conta gran poco.

Per cui sono d’accordo che l’individuo sia al centro dell’Universo, anzi addirittura ogni individuo è un Universo a sé stante, ma ciò non vuol dire che puoi allenare un soggetto come cavolo ti pare e lo porterai al record del mondo perché questa è un ipotesi molto remota…”

 

 

Incasso e porto a casa. L’osservazione è ineccepibile. Allora potrei semplicemente limitarmi ad osservare che esiste comunque una Realtà Soggettiva (e questa me la passi…) e che è molto importante nello sport per divertirsi. Per quanto riguarda lo sport di alto livello in effetti il discorso è diverso ed è forse inevitabile che la medicina sia entrata a pieno diritto a modificare le tecniche di allenamento ed i protocolli di programmazione di un certo risultato perché obiettivamente ed oggettivamente si è visto che negli ultimi 3-4 decenni i progressi della medicina sono stati di gran lunga superiori all’evoluzione delle tecniche di allenamento.

Attenzione però perché dobbiamo sempre capire se è nato prima l’uovo o la gallina. Quando io sostengo che l’evoluzione dei trattamenti farmacologici non sempre fa bene allo sport non lo dico solo per una eterea questione “morale” ma lo dico anche per un oggettivo spostamento dell’attenzione dalle tecniche di allenamento a quelle di recupero dei carichi. E’ evidente che se trovo gli strumenti per recuperare senza problemi i due allenamenti al giorno mi concentrerò su quei sistemi di allenamento che possono prevedere anche 14 allenamenti alla settimana mentre se ciò non fosse possibile dovrei inventarmi qualcosa che ottimizzi al meglio una preparazione con meno allenamenti.

E dunque non è essere romantici, rilevare che se lasci perdere un certo tipo di aiuti sei costretto a sperimentare dei tipi di preparazione piuttosto originali perché sei pressoché sicuro che facendo quello che fanno gli altri non potrai vincere. Insomma da una parte c’è la medicina con le sue pseudo certezze, che è quella che io chiamo scienza e dall’altra c’è il pionierismo che decisamente non è più di moda perché non garantisce alcun risultato, che può essere chiamato arte e che da un mio punto di vista (forse “soggettivo”…) è l’unico atteggiamento che può garantire un’evoluzione delle tecniche di allenamento.

La componente soggettiva si scatena nel momento in cui c’è libertà di scelta forse per quello ha più spazio nello sport degli umili, ma attenzione che c’è un minimo di libertà di scelta anche nello sport di alto livello, ovviamente il rischio è di non fare risultati di vertice ma penso che quello deva essere un rischio sopportabile per qualsiasi atleta altrimenti lo spirito sportivo va veramente a remengo.