Domanda che porta a precisazioni sui limiti del “consulente dell’attività motoria”

Troppo spesso mi vengono posti quesiti che sono da medico o da dietologo. Questo accade perché quando si tratta di fare “consulenza” nel mio campo i limiti non sono ben chiari. Non siamo gli unici a fare caos, lo fanno anche gli altri ma sempre in tema di consulenza. Dal punto di vista pratico non c’è nessun tecnico di attività motoria che si mette a fare il chirurgo, così come non c’è nessun medico che va in palestra a dirigere gli esercizi in un corso di ginnastica. Quando si tratta di consulenze invece c’è il rischio di pericolose commistioni di professionalità e si rischia di diventare dei veri e propri tuttologi. Ciò forse dipende anche dal fatto che la consulenza sull’attività motoria non è ancora molto diffusa, si tende molto di più ad avere l’intervento di assistenza diretta tipo insegnante che segue la classe o preparatore che segue il singolo atleta.

Purtroppo è necessaria una certa precisione anche quando ci si limita ad una consulenza perché altrimenti tale imprecisione può estendersi anche ad altre categorie professionali alimentando un vero e proprio caos. In breve il consulente di attività motoria, che deve essere un diplomato ISEF o un dottore in Scienze Motorie, deve limitarsi a trattare il movimento e non argomenti di carattere medico, se ciò non avviene mi pare più che scontato che altre categorie professionali possano andare a trattare l’attività motoria, non per “vendetta” ma solo per la presenza di un vero e proprio caos dell’informazione. Alla fine non si sa più nemmeno cosa sia la consulenza sull’attività motoria e diventa una materia fantomatica alla mercé di tutti. L’insegnante di educazione fisica è quel personaggio che conduce praticamente e dirige l’attività motoria, il consulente dell’attività motoria proprio non si sa chi sia.

Quando io mi astengo dal trattare argomenti di carattere medico lo faccio nel rispetto di precise norme di ordine etico e professionale. Quando altre categorie professionali trattano l’attività motoria non lo fanno in malafede ma semplicemente con pressapochismo. Allora dovrebbe essere chiaro che in assenza di determinate patologie qualunque intervento di attività motoria va studiato da un consulente dell’attività motoria. Questo può intervenire in presenza di certe patologie quando autorizzato dal medico. In tali casi esistono anche specializzazioni particolari di tecnici preparati nell’affrontare esiti di patologie ben specifiche. In una prima fase il medico stesso può dare indicazioni per il movimento per poi lasciare spazio al tecnico del movimento, in ogni caso i tempi di intervento sono dettati, in caso di patologia, dal medico che decide quando il paziente è pronto per affrontare determinati protocolli riabilitativi. Per l’insegnante di educazione fisica, nella prima fase il paziente che ha superato una certa patologia è come se fosse ancora in “sala operatoria”, deve confrontarsi anzitutto con il medico.

Quando poi si affronta un protocollo riabilitativo si apre una ulteriore diatriba di competenze fra fisioterapista ed insegnante di educazione fisica. Non è molto difficile in realtà stabilire il confine delle rispettive competenze: basta tenere presente che tutto ciò che è ginnastica che non richiede manipolazione è di competenza del tecnico di attività motoria mentre ciò che richiede intervento manuale è di competenza del fisioterapista. C’è la cattiva abitudine di chiamare questo tipo di interventi “ginnastica passiva” generando pericolosi equivoci quando in realtà si chiama semplicemente fisioterapia e così si capisce senza ombra di dubbio che è terreno del fisioterapista. Chiamandola ginnastica “passiva” uno può pensare che sia ginnastica e magari crede che possa essere condotta dall’insegnante di educazione fisica. No, la ginnastica è una sola, non esiste la ginnastica passiva, la ginnastica è solo attiva ed è quella orchestrata dall’insegnante di educazione fisica. E’ vero che nei primi momenti post riabilitazione anche il fisioterapista può dare indicazioni su una ginnastica riabilitativa da far condurre al paziente ed è più che onesto quando fa così perché sono indicazioni certamente utili e date con competenza professionale. E’ anche vero che quando il paziente è arrivato a quel livello ormai può andare avanti da solo, quasi di sicuro non ha più bisogno della fisioterapia e comunque se fosse solo per la ginnastica potrebbe certamente affidarsi ad un consulente dell’attività motoria che senza seguirlo passo passo in modo molto dispendioso può dare preziosi consigli per approntare un piano di riabilitazione strutturato con la ginnastica.

In certe situazioni i confini non sono ben netti ma mentre è concesso ad un  fisioterapista dare consigli sulla ginnastica (e nessun nostro collega va a contestarlo) non è assolutamente concesso ad un nostro collega improvvisarsi manipolatore e se così fosse farebbero bene i fisioterapisti a reclamare un corretto approccio professionale. Così come il medico ha l’umiltà di non addentrarsi nei dettagli di un programma di attività fisica seppur a scopi salutistici, un insegnante di educazione fisica non deve avere la presunzione di determinare i tempi di passaggio di un paziente-allievo dalla terapia alla normalità. E’ anche vero che questo passaggio non si concretizza in un  giorno solo ma con gradualità ma è pur certamente vero che in certe fasi del ritorno alla normalità l’attività fisica più che sconsigliata può essere decisamente vietata.

Idealmente il coordinatore di questi passaggi può essere proprio il medico di base che è la figura che istituzionalmente indirizza verso i vari specialisti. Per certi versi anche il consulente dell’attività motoria è uno specialista, uno specialista della “normalità” ma pur sempre uno specialista, come specialista della “normalità” deve sincerarsi che in quel momento il paziente più che paziente possa essere chiamato allievo. Finché siamo costretti a chiamarlo paziente dobbiamo essere assolutamente certi che il nostro intervento abbia anche la benedizione del medico, il quale può certamente consigliare un piano di attività fisica anche in presenza di certe patologie, soprattutto quando queste sono in fase cronica e piuttosto stabilizzata. Tipico il caso dell’artrosi nel quale il medico spedisce con grande entusiasmo il paziente dal tecnico di attività motoria. Il medico decide che serve l’attività motoria, il tecnico decide “quale” attività motoria proporre e come condurla.