DA “DAI CHE TI TIRO…” A “VEDIAMO CHI VINCE?”

Non so quante volte mi sono sentito dire nella mia lunga frequentazione sulle piste di atletica “Dai che ti tiro…” mentre stavo partendo per una prova ripetuta. Assieme al mitico “Dai che ti tiro” c’era l’altro aspetto del “tiraggio” altrettanto inflazionato che era “Mi tiri la prima parte?”. Era una specie di patto perverso fra atleti delle medie e lunghe distanze che se uno stava facendo delle prove ripetute di una distanza simile ad un altro collega ci si metteva d’accordo che in qualche modo uno dei due facesse la lepre per favorire la prova dell’altro. Questi favori ovviamente venivano scambiati e a seconda delle prove, a seconda delle circostanze una volta tirava uno e una volta tirava l’altro. Implicito che quando uno si offriva di “tirarti” una prova, prima o poi avrebbe chiesto di ricambiare il favore, c’erano addirittura quelli che, abituati a correre in testa, si offrivano di tirare le prove di altri atleti senza chiedere nulla in cambio. In ogni caso la faccenda era che chi “tirava” faceva un favore a chi seguiva.

Tale cosa era normalissima nelle gare e, soprattutto nelle gare provinciali dove non c’era in palio nessun titolo e vincere o perdere la gara non cambiava nulla, ci si metteva in questo giochino di predisporre la lepre come nelle gare dei meeting internazionali che studiano grandi piani di lepraggio per favorire le migliori prestazioni. A turno un atleta si sacrificava per fare l’andatura per gli altri. Quell’atleta poi, a meno che non fosse decisamente più forte degli altri, ad un certo punto abbandonava la gara dopo aver avuto cura di fare per un tratto più lungo possibile un ritmo elevato e regolare senza strappi per favorire l’ottenimento di una buona prestazione a chi completava la gara. I giudici di gara impazzivano in queste circostanze perché, anche se c’era una norma del regolamento federale che vietava chiaramente il lepraggio in ogni ordine di gare, di fatto questa norma era inapplicabile perché ogni atleta è libero di fare il ritmo che vuole senza commettere scorrettezze ed è pure libero di farsi venire un improvviso mal di pancia per abbandonare improvvisamente la gara quando gli fa comodo a lui. Nessun medico a bordo campo è autorizzato a vedere se quel mal di pancia è finto o  autentico e se l’atleta in questione dopo pochi secondi che si è fermato dice “No, no grazie adesso è passato” nessuno può visitarlo obbligatoriamente se le condizioni cliniche non sono tali da richiederlo. Pertanto tutti i lepraggi, teoricamente vietati dal regolamento, erano assolutamente possibili di fatto e quando si andava a fare una gara provinciale aperta a tutti da qualche parte se non c’era la lepre ci si lamentava pure: “Ma come non avete nemmeno la lepre?”. In breve era tollerato che non ci fosse la lepre solo nelle gare di un certo livello e dove c’era da vincere qualcosa.  Nei vari meeting internazionali il concetto di lepre nel mezzofondo è dilagato e anche dove la posta in palio era molto alta si sono sempre trovati i soldini per una lepre di buon livello che, rinunciando a correre per vincere veniva giustamente remunerata per il suo “lavoro programmato”.

Singolare quell’episodio di una gara dove il favorito era il mitico Steve Ovett dove la lepre ad un certo punto ha deciso che quel giorno non aveva voglia di fare la lepre e dopo aver visto che il secondo si era un po’ staccato ha deciso di andare a concludere la gara vincendola in solitudine senza combattimento nel rettilineo finale dove nessuno dei favoriti si è nemmeno avvicinato. Chissà se era stata pagata poco quella lepre o cos’altro è successo. Certo che per una lepre che fa bene l’andatura non essere seguita da chi deve fare il tempo è una presa in giro e a quel punto quella lepre inutile può anche aver voglia di vincere visto che la fatica per tenere il ritmo alto l’ha fatta.

Molti sostengono che i meeting più belli sono quelli dove non c’è la lepre ma tanti spettatori sono abituati a vedere la gara di altissimo livello cronometrico e di vedere tatticismi esasperati fra grandi campioni non gliene frega niente. Diciamo che il concetto di lepre che io capisco un po’ pochino è ancora di gran moda e non c’è proprio nessun sistema per eliminarlo.

Lasciando aperta la disputa per quanto avviene nelle competizioni io vorrei focalizzare un attimo su quanto avviene in allenamento. Che ci sia la mania del lepraggio anche in allenamento mi pare un  po’ assurdo. In effetti se dopo si trovano tante gare con la lepre è giusto abituarsi a correre anche in allenamento con la lepre per ricreare la condizione di gara, ma se dopo si trova la gara vera dove tutti vogliono vincere e non c’è nessuna lepre cha cavolo succede? C’è qualcuno che sa affrontare l’aspetto tattico, questo sconosciuto, o saranno tutti atleti in grado di correre solo dietro alla lepre?

Tornando al sottoscritto, a me piaceva molto fare tattica in gara, partire più piano possibile per poi riuscire a finire forte. Erano poche le occasioni nelle quali correvo esclusivamente per fare il tempo ed in quelle devo ammettere che mi informavo se era disponibile una lepre o meno. In breve dei buoni lepraggi li ho fatti anch’io sacrificando la mia gara per poter avere in restituzione il favore di un lepraggio quando io volevo cercare il tempo e pertanto volevo trovare una gara lanciata forte. Ma tale cosa l’ho fatta esclusivamente in gara perché per me in allenamento non aveva assolutamente senso. In allenamento volevo fare esclusivamente il ritmo che andava bene a me e non volevo rotture di scatole né davanti né dietro. Non volevo nessuno a farmi l’andatura perché volevo sentirmi libero di fare il ritmo a mio piacimento senza dover condizionare la corsa di nessuno e, a maggior ragione, non volevo tirare le prove di nessuno rischiando di fare un ritmo che poteva andare bene per l’allenamento del soggetto che “tiravo” ma non per il mio. Insomma tutte le volte che ho corso in pista (ma pure fuori) con qualcuno c’era un accordo sincero per cui ognuno fa il suo ritmo, chi ne ha di più va avanti e chi ne ha di meno o non ne ha voglia sta dietro.

Per cui il famoso “Dai che ti tiro…” con me non ha mai attaccato e devo ammettere che non mi sono mai offerto di “tirare” nessuno in allenamento. Tale opzione era proprio conto la mia filosofia di allenamento anche perché ritenevo che usare la lepre addirittura in allenamento portasse ad intensità troppo elevate per la normale preparazione utili da sperimentare solo in gara, così declinavo sistematicamente ogni proposta limitandomi a dire a chi mi chiedeva il lepraggio: “Se vuoi ti prendo il tempo”.

Oltre trent’anni dopo vado più in là perché visto che al campo esiste ancora questa moda che ormai non è più moda perché è prassi consolidata mi sto inventando delle vere e proprie sfide ad handicap per capovolgere questo concetto di lepre.

Premesso che gli allenamenti intensi sono sempre esistiti, un tempo si chiamavano “prove di sintesi” adesso non so più nemmeno come si chiamino ma insomma il concetto è che con della prove di alta qualità provi a rifinire le doti di base nella preparazione specifica, in quelle prove, visto che devono essere corse velocemente, invece di predisporre delle vere e proprie lepri, senza sacrificare nessuno io mi invento delle vere e proprie gare dove l’aspetto tattico non è scavalcato, anzi è esasperato e ognuno può pure fare quel cavolo che vuole perché l’importante non è fare il tempo ma “vincere” l’allenamento.

Mi si dirà che vedo la pagliuzza nell’occhio altrui ma non la trave nel mio: ma se critichi la lepre in allenamento perché dici che porta a correre troppo forte perché ti inventi le gare in allenamento dove addirittura l’importante è “vincere”?!?

Per il semplice motivo che ritengo che sia più divertente e se proprio uno deve fare delle prove intense per rifinire la preparazione in vista della gara tanto vale divertirsi oltre che far fatica. E poi se vogliamo quasto tipo di fatica è anche una fatica mentale che prepara agli imprevisti della gara. Nessuna lepre predisposta, ognuno fa quel cavolo che gli pare io vi invento una situazione artefatta che da più o meno uguale possibilità di successo a tutti e poi ve la sbrogliate voi con soluzioni tattiche che dovrete decidere voi. “Ma poi in gara non ci sono mica le partenze ad handicap…” Certo, ma in gara alla fine in retta conclusiva non ti trovi mica i due o tre più forti dei tuoi colleghi di allenamento che conosci benissimo e sai come reagiscono, ti trovi dieci sconosciuti assatanati che vogliono tutti vincere e pensano di potercela fare ed è una condizione decisamente diversa da quella dell’allenamento. Allora io, con un po’ di fantasia, faccio in modo che anche il più scarso dei tuoi compagni di allenamento (avendolo fatto partire dopo. su una distanza più breve e quindi mettendolo in grado di correre al tuo ritmo nella parte finale) possa avere ottime possibilità di batterti nel rettilineo conclusivo e così è… gara vera senza lepri e ci possiamo mettere pure su un giro di scommesse ma non diciamolo in giro altrimenti vengono a chiudere il campo per gioco d’azzardo. Ovviamente la battuta del giro di scommesse è solo una stupida battuta però davvero se il giochino è studiato ad arte non si sa chi vince e se proprio uno vince in modo un po’ troppo netto e facile la volta dopo si possono portare i dovuti correttivi per rendere il tutto più difficile da prevedere. Ovviamente ci vuole molta fantasia e bisogna capire che tipo di impegno andiamo a proporre ai singoli attori di quella scena perché se l’aspetto tattico sarà stimolato per tutti, tecnicamente il tipo di impegno sarà necessariamente diverso a seconda delle varie distanze proposte per allestire questa incredibile sfida. P.s.: le scommesse regolatele fuori dal campo altrimenti davvero arrivano i Carabinieri.