Commento a “Vediamo se faranno finta di niente”

– …non capisco da che parte stai. Hai idee potenzialmente sessantottine ma dici che i sessantottini sono stati “Quattro deficienti che si sono fatti scappare una grande occasione…”. –

 

 

 

Dico solo che la scuola andava riformata già più di cinquant’anni fa ed in tal senso renderei obbligatorio lo studio dell’opera di Don Milani in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Il torto imperdonabile dei sessantottini è stato di non capire come questa riforma poteva essere lanciata e così non hanno fatto altro che far produrre degli anticorpi enormi che ci precludono ogni cambiamento. Ogni volta che si tenta di cambiare qualcosa si inneggia al ’68 dicendo che non possiamo permetterci il lusso di cadere in errori già commessi. Ed infatti l’errore sarebbe proprio far finta di cambiare la scuola come si fece allora senza cambiarla minimamente. E’ ancora la scuola della poesia a memoria, della studiata clamorosa da otto ore per prendere otto quando dopo un mese non resta più nulla. Io ti dico di studiare da prendere cinque ma quel cinque deve essere eterno perché se dopo un mese non ti ricordi più nulla allora è zero e vuol dire che hai preso in giro i professori e soprattutto te stesso perché hai adempiuto ad una formalità burocratica (il raggiungimento dell’otto) ma non hai imparato nulla, perché ciò che impari davvero ti resta dentro, stampato per sempre.

Come insegnante di educazione fisica non dovrei occuparmi di queste cose perché i metodi di apprendimento di alcune materie non sono specificamente il mio campo di competenza ma il paradosso della teoria dell’apprendimento è che sta devastando anche le attività motorie. Anche nel mio campo si agisce in modo poco lungimirante. Si trovano i sistemi rapidi per prendere “otto”, il raggiungimento di una forma sportiva apparentemente invidiabile, nelle palestre private si stimolano forza e resistenza con esercitazioni anche molto impegnative (tali da far pensare come lecito pure il ricorso a fantomatici integratori che fanno bene solo all’industria farmaceutica) ma non si impara nulla e le doti coordinative restano ferme a zero perché non si suggeriscono le giuste tecniche per stimolarle adeguatamente, così come nella scuola non si fa lavorare il cervello in modo effettivamente complesso come una centrale operativa e non come un magazzino.

Mi sembra di fare discorsi del futuro ma sono cose che si volevano affrontare anche nell’ormai lontano sessantotto. Non sono state affrontate per colpa di tutti, non solo per colpa di chi per salvare la scuola si è preoccupato semplicemente di rimettere in piedi ciò che c’era prima del ’68. Se una riforma fallisce per conto mio la colpa è di chi la propone non di chi controlla che questa riforma non faccia disastri. E dunque, a mio parere, il ’68 è fallito soprattutto per l’incapacità di chi l’ha proposto non per l’incapacità di chi l’ha frenato e represso.

Se tu rapini una banca per contestare il sistema delle banche vai in galera punto e basta anche se in certe situazioni sono le banche che rapinano te ed è un sistema che deve certamente essere rivisto in qualche modo. E così se demolisci una scuola senza proporre un valido sistema alternativo vieni bollato come “folle sovversivo” anche se è evidente che una scuola inefficiente ed anacronistica non è utile a nessuno.

La scuola è necessaria per far crescere la società, su questo siamo tutti d’accordo, se il male minore è tenerla così com’è perché ogni tentativo di cambiamento è potenzialmente dannoso allora siamo condannati a tenerci la poesia a memoria ed i buoni voti ancora per molto. In quest’ottica lo zaino da 11 chilogrammi (non ce ne siamo ancora liberati) e la studiata da un pomeriggio intero, saltando l’allenamento perché il giorno dopo c’è la “verifica”, sono ancora decisamente attuali.