Commento a: “Una proposta concreta per l’antidoping”

“…praticamente tu sostieni che l’antidoping attuale è come un autovelox che sanziona quelli che fanno i 140 chilometri all’ora ma non riesce a prendere quelli che fanno i 200 km/h perché non riesce nemmeno a leggere la targa… E’ possibile che sia così ma non ci si può arrendere ed ammettere che quelli che fanno i 200 è impossibile sanzionarli perché in quel modo metti in crisi tutto l’antidoping. L’antidoping attuale ha due funzioni importanti: una è quella di contenere l’abuso di farmaci pericolosi nella pratica dello sport amatoriale e l’altra è quella di tutelare l’immagine dello sport spettacolo ed infatti, ogni tanto, anche qualche professionista, non si sa come, casca nella rete, dimostrando che anche lo sport professionistico deve inevitabilmente fare i conti con l’antidoping. Questo secondo aspetto non ha solo motivazioni legate alle necessità di immagine dei grandi sponsor ma ha anche una sua valenza politica, perché ancora oggi si ritiene che lo sport di alto livello eserciti una funzione di traino nei confronti dello sport di base. Pertanto l’istituto dell’antidoping non può essere decapitato di questa sua importante funzione perché a livello politico è tenuto in piedi anche per quello. Alla fine sono soldi pubblici e pertanto è certamente un discorso anche politico. Tu che sul tuo sito fai tanta politica non puoi ignorarlo, e anche se ti dichiari “politicamente ignorante” non puoi far finta di non sapere queste cose…”.

 

Sì, in effetti queste osservazioni dimostrano una volta in più che sono “politicamente ignorante” (ma in molti frangenti si può pure scrivere “ignorante” e basta perché magari fossi solo “politicamente” ignorante).

Allora su quel “politicamente” ignorante mi gioco il fatto che a volte mi domando se sia politica o non sia semplicemente la prepotenza di certi sponsor che vogliono modellare lo sport a seconda delle loro esigenze.

Temo che sia passata l’era dello sport spettacolo che trainava lo sport di base. Del campione visto in televisione che accendeva l’entusiasmo del ragazzino che andava a giocare sotto casa. Adesso il ragazzino a fare sport ce lo porta la mamma e che il campione vinca o meno la pratica dello sport dipende dalle disponibilità di tempo della mamma, non è che se il campione vince il bambino scende sotto casa tre volte invece di una come succedeva una volta perché la possibilità di fare sport è molto più vincolata da tante cose.

Io dico che quest’era di sport spettacolo collegato allo sport per tutti è finita anche per colpa dell’antidoping, perché anche quello ha contribuito a creare un’immagine di sport dei “mostri” inavvicinabili e dei pirla che quasi certamente resteranno pirla per tutta la vita. E così arriva la sanzione per l’atleta amatore che prova ad infrangere i limiti di velocità con il doping dei poveri, il vetero doping, ma nessuna sanzione per il “mostro” professionista che, avendo una Formula 1 non ha nemmeno la targa per poter essere sanzionato e come tale può fare anche i 300 km/h non solo i 200.

Indubbiamente il doping moderno è un doping dei ricchi. Non costa tanto doparsi, costa risultare negativi all’antidoping. Pertanto l’antidoping ammonisce quelli che non hanno la possibilità anche economica a farlo a non provarci nemmeno perché certamente verranno sanzionati dall’antidoping. Nessuno dice che sia un antidoping moralmente “giusto” ma tutti sono più o meno d’accordo a sostenerlo altrimenti ci sarebbe il rischio di una strage degli innocenti. Molti dilettanti di buon livello proverebbero a scimmiottare i professionisti trangugiando di tutto e farebbero delle follie assurde. C’è gente che crede che per doparsi come un professionista sia sufficiente procurarsi l’eritropoietina in certi circuiti perché questo è quello che ti fanno credere i giornali e questo è ciò che raccontano i pochi professionisti che vengono presi positivi.

Il discorso è molto più complesso e forse è proprio vero che non si può scindere l’antidoping in due, nella sua parte ancora utile che è la lotta contro le follie degli amatori e nella sua parte finta che è la lotta impossibile contro la medicalizzazione dello sport di alto livello.

Il mio è un discorso politico perché affermo che ormai la tutela dell’immagine dello sport professionistico non serve più allo sport di base ed anzi lo deride. Se diciamo come stanno le cose lo sport di base ne esce a testa alta perché alla fine capiamo come mai l’antidoping continua ad accanirsi contro gli amatori. Al contrario lo sport di vertice ne esce con le ossa rotte perché, comprendiamo che in realtà si è evoluto poco e la continuità di rendimento di certi “mostri” è molto legata all’evoluzione dei protocolli farmacologici più che all’evoluzione delle tecniche di allenamento.

In ogni caso io sono convinto che non sia utile investire tanti soldi per continuare l’impossibile battaglia contro il doping nello sport di alto livello perché, in tale ambito, come costa tanto doparsi costa tanto anche tentare rilevare le presunte positività degli atleti.

Se i fondi destinati all’antidoping devono servire a tutelare la salute degli atleti è molto più facile che possano tutelarla smascherando i goffi e pericolosi tentativi degli amatori che non i sofisticati e precisi interventi dei professionisti. Allora potrebbe semplicemente restare tutto così com’è evitando che anche qualche professionista si dopi come un amatore, ma in questo modo, insisto, è l’immagine dello sport di base che ne esce distorta e penalizzata.