CAMBIA IL CLIMA, CAMBIANO I TEMPI

Qualcuno potrebbe obiettare che cambia il clima ma non cambiano i tempi, anzi il clima continua a cambiare proprio perché non cambiano i tempi e a noi continua a non fregarcene essenzialmente nulla di quanto sta accadendo.

I cambiamenti climatici sono in atto ormai da un bel po’ di anni, in questi ultimi decenni si comincia a parlarne un po’ di più, forse fra un po’ di tempo si inizierà davvero a far qualcosa per evitare che subiscano un’ulteriore brusca accelerazione.

Ricordo che il mio compagno di banco alla scuola per Geometri, appassionato alpinista, rilevava già allora come fosse in atto un veloce e preoccupante arretramento dei ghiacciai. E’ passato qualche giorno, e ancora adesso non si sta facendo nulla per contrastare questo stato di cose.

Essenzialmente è la società capitalista che non cambia e perpetua sé stessa e il crollo del sistema comunista invece di fungere da acceleratore per una sana revisione della società capitalista ne ha prodotto un suo congelamento. Paradosso: i paesi più capitalisti del mondo sono quelli cosiddetti comunisti. Il comunismo è morto, il capitalismo, pur con i suoi effetti devastanti sull’ambiente e sulla distribuzione delle ricchezze non è mai stato così bene, praticamente non ha rivali.

Però un sistema alternativo urge perché qui è l’intero pianeta che sta andando a remengo.

Qualche annetto più tardi dell’osservazione del mio compagno di banco sui ghiacciai io ne faccio un’altra che arriva anch’essa dallo sport ed è dello stesso segno.

Nello sport dell’atletica leggera è cambiato il modo di frequentare il campo. Si entra sempre dal cancello d’entrata, non si scavalca (in tempi di Covid stavano arrivando pure a quello: non ti facevano fare nemmeno l’attività all’aperto…) ma è cambiato il tempo di maggior afflusso al campo. Ai miei tempi era il periodo estivo. L’atletica è uno sport tipicamente estivo, le manifestazioni più importanti sono tutte in estate e anche chi non pratica attività ad alto livello voleva entrare in forma nel momento dove ci sono le gare più belle, le gare più frequentate quelle dove se sei in forma non puoi non fare un buon risultato perché sei trainato da questo stato di forma collettivo dove tutti migliorano i loro record o comunque offrono il miglior rendimento agonistico dell’anno. A fare da contraltare a questo momento ne esisteva un altro, che tipicamente era novembre, dove al campo non si vedeva anima viva, quei pochi che frequentavano il campo si mettevano pure a giocare a calcio o a fare chissà cosa (mitiche le interminabili partite a calcio tennis che rischiavano di durare più di un allenamento normale), ma insomma l’atletica pareva decisamente morta e nessuno osava forzare i tempi per non turbare delicati equilibri secondo i quali il periodo di rigenerazione era sacro e chi lo avesse violato ne avrebbe pagato le conseguenze durante l’anno.

Ora la frittata è girata. Il novembre dei tempi andati è diventato luglio che si estende a buona parte di agosto. In questo periodo al campo vedi essenzialmente atleti in ritardo di forma ancora alle prese con l’ottenimento dei minimi di partecipazione alle gare importanti, qualche master attempato che per motivi di salute non può permettersi di troncare l’atttività sportiva nemmeno in estate con il caldone altrimenti certi parametri bioumorali sballano, e qualche ragazzino che invece di sfruttare il periodo estivo per racimolare i soldi per comprarsi la moto (cosa che accadeva già allora) decide che, anche se c’è troppo caldo, qualche allenamento si può fare lo stesso.

Per restare in argomento tentando di non tediare il lettore ma solo per far capire come la situazione sia concretamente cambiata, se nell’estate del ’78 invece delle temperature di allora ci fossero state quelle di adesso col cavolo che io avrei provato a passare l’estate per tirar giù un paio di decine di secondi dal mio personale sugli 800 metri, mi sarei rassegnato a lavorare per comprare la moto come tutti gli altri e forse quella moto ce l’avrei pure adesso se è vero che il ciclomotore che mi fu regalato un paio di anni prima dai miei genitori senza dover andare a lavorare ce l’ho ancora in garage. Insomma l’onta di quell’atteggiamento di reazione al sistema capitalista (rovinarsi l’estate per acquistare un qualche accidenti) è ancora presente nel mio garage e penso che se quei miei coetanei lo vedessero adesso più che come un rottame lo vedrebbero come un trofeo.

Del famoso novembre di rigenerazione non ne è rimasta traccia. A novembre il campo è frequentato come se fossimo in pieno periodo agonistico e del resto la situazione climatica non è per nulla traumatica. Molto spesso a novembre ci sono giornate che sarebbe pure possibile procrastinare alla grande un continuo stato di forma. A mezzogiorno i master e tutti quelli che si possono permettere la pausa di mezzogiorno trovano giornate fantastiche e altro che ripiegamenti sulle partite di calcio tennis, si riescono a fare degli allenamenti che a luglio te li scordi.

Insomma anche chi non è attratto dalla stagione indoor è tentato di iscriversi alle gare al coperto perché non è difficile andare in forma anche nel periodo invernale.

Dunque per chi pratica sport la sensazione “inverni miti-estati impossibili” è sempre più netta e, se fosse per lo sport basta cambiare il calendario agonistico ed il gioco è fatto.

Il problemino è un altro: questi cambiamenti climatici sono la punta dell’iceberg di un inquinamento pazzesco, di un ambiente che sta collassando. Tutti abbiamo capito che il problema è l’iperproduzione, che produciamo un’infinità di fesserie e dunque di rifiuti per continuare ad alimentare in modo irrazionale il sistema capitalista ma non si riesce a venirne fuori.

Il clima cambia e anche i tempi dovranno cambiare anche se fino a questo momento pare che siano cambiati meno del clima.

Diciamo che siamo in ritardo di un mezzo secolo buono sui segnali di stress lanciati dall’ambiente. Ora non si può più far finta di niente e se qualcuno continua a far finta di niente perché non ha altri sistemi per arricchirsi deve essere convinto con le buone maniere a cambiare idea. Non si tratta di fare la guerra a nessuno, la guerra inquina. Si tratta solo di far capire che le necessità della popolazione sono più importanti dei capricci delle elite dominanti. Magari fosse solo un problema di stagione agonistica dell’atletica, è un qualcosa di più complesso e macchinoso.

P.s.: per chi fosse incuriosito su come ho fatto a tenere un ciclomotore funzionante per mezzo secolo la risposta è un po’ deludente: l’ho usato pochissimo e pure adesso non lo metto in strada perché la bici elettrica è molto più comoda ed inquina di meno. La bici elettrica temo che non mi durerà mezzo secolo, la sto usando parecchio e ci stiamo usurando tutti e due, non per colpa sua ma del tempo che usura tutto, tranne il ciclomotore appunto…