Mi sto stordendo a guardare le Olimpiadi alla televisione e oggi sono rimasto stordito in modo molto forte non solo per la quantità di ore passate davanti al teleschermo ma soprattutto per quanto accaduto nell’atletica leggera: in pochi minuti abbiamo vinti due ori in due specialità dove nessun italiano aveva mai vinto alle Olimpiadi: l’alto maschile (già vinto a livello femminile dalla mitica Sara Simeoni nel 1980 a Mosca) e i 100 metri. Mentre la vittoria nell’alto da parte di Tamberi con un grande ottimismo poteva pure essere prevista ma io dico più cinque anni fa che oggi, la vittoria di Jacobs poteva sembrare pura follia non oltre qualche mese fa.
Non per cercare un’originalità assurda ma affermo che bastava molto meno e ne sono convinto, non è solo una battuta idiota. L’atletica è fatta di piccoli traguardi che danno grandi soddisfazioni ed in tal senso mi viene in soccorso la finale conquistata dalla martellista Fantini. Quello è certamente un traguardo non stratosferico ma che da comunque una grande soddisfazione perché la martellata giusta è stata scagliata al momento giusto e questo è il senso dell’Olimpiade, riuscire a fare lì in quel momento particolarmente significativo per la carriera di un atleta quanto di meglio riesci a fare e non è facile perché si tratta anche di dominare la tensione che il fascino olimpico trasmette. L’Olimpiade si disputa ogni 4 anni e se sbagli non è che l’anno dopo ti rifai e chi sbaglia ammesso e concesso che quattro anni dopo riesca a ripresentarsi all’appuntamento olimpico è ancora più teso perché sa che se sbaglia di nuovo saranno altri quattro anni di attesa fino a farsi la famosa etichetta di atleta che non centra le Olimpiadi che tanti atleti di sport olimpici si sono costruiti addosso.
Oserei dire uno scalino più su l’altra finale conquistata dall’atleta dei 400 ad ostacoli Sibilio. Questo centra la finale in modo piuttosto insperato e pure demolendo il record personale: é già un qualcosa di abbastanza straordinario perché demolire il personale proprio nella gara più importante è un appuntamento di grande precisione con la storia dello sport e cosi l’altra ostacolista dei 100 che nel tentativo di giungere alla finale centra il record italiano. Giusto dire che ci ha provato molte volte a fare quel record italiano che ha mostrato più volte di valere ma proprio perché i tentativi sono stati tanti il fatto che quello giusto sia proprio nella gara più importante sancisce una precisione nel centrare l’obiettivo veramente encomiabile.
Cosa scrivere dell’immensità del risultato di Tamberi e di Jacobs? Scrivo in modo sorprendente che bastava anche molto meno e che ne sono convinto. Chiaramente non sono un giornalista. Il giornalista dice “fantastico, incredibile, storico” ed ha tutti i motivi per usare quegli aggettivi perché le due imprese sono fantastiche, incredibili e storiche. Da non giornalista dopo essere rimasto semplicemente scioccato davanti alla televisione (questo è l’aggettivo giornalistico che mi va di aggiungere: scioccante) dico che questi non si renderanno conto di cosa hanno fatto fra una settimana perché il risultato che hanno ottenuto è di difficile comprensione, ci impiegheranno anni pure loro per capirlo, anche pensandoci tutti i giorni e forse ciò avverrà a carriera sportiva conclusa, mi auguro il più tardi possibile, perché fin che ci sei dentro fai pure fatica a capire la portata dei risultati che ottieni.
Per far superare lo shock di questi risultati cerco astrazioni assurde. Tamberi deve ammettere che al momento il più grande resta Barshim e questo lo deve spronare a fare ancora meglio. Dico che il più grande resta Barshim proprio per come è andata a finire la faccenda. Barshim aveva un record di 2.43, Tamberi di 2.39 fatto la stramaledetta notte dell’infortunio del 2016. Barshim oggi fino a 2.37 ha saltato con una tranquillità impressionante, poi improvvisamente si è inceppato. Anche Tamberi ha saltato molto bene ma pur non sbagliando nulla non ha dimostrato di avere la sicurezza di Barshim e pareva che la lotta fosse per il secondo posto. Poi, improvvisamente, la faccenda si è messa in un modo che tutto è diventato possibile, si poteva pure ipotizzare che la luce di Barshim fosse improvvisamente spenta. Insomma da un punto di vista sportivo un voler giocare lo spareggio da parte di Tamberi non sarebbe stata un’autetica follia, tutt’altro. Dal punto di vista umano invece mi è piaciuto moltissimo l’atteggiamento di Tamberi di voler rinunciare subito allo spareggio perché è stato un atto di umiltà noncurante del fatto che forse il momento preciso avrebbe potuto creare una situazione favorevole per lui. In quel momento Tamberi è come se avesse detto: “Non me ne frega niente che oggi posso anche vincere io mi accontento di arrivare alla tua pari” ammettendo uno spessore tecnico dell’avversario difficilmente raggiungibile. A quel punto ha offerto un’occasione enorme all’avversario che sul piano tecnico non aveva certamente nulla da dimostrare al mondo ma sul piano umano ha fatto bene ad accettare il patto di non belligeranza. Il momento, penso terribilmente spontaneo, di titubanza ha reso ancora più gradevole la decisione di Barshim che in un primo tempo avrà pensato: “Ma accidenti se il più forte sono io devo dimostrarlo, a costo di rischiare di perdere” ed io sono un illuso ed inguaribile romantico che pensa che più che il terrore, anche concreto, di perdere, ad informare la sua decisione è stata un’altra idea del tipo: “Ma chi se ne frega se non dimostro di essere il più forte, qui se patteggio andiamo via felici tutti e due, perché devo esserlo solo io?” Questo epilogo di questa gara è da mondo delle favole ed io mi auguro che entrambi cerchino una vena agonistica, anche esasperata, per continuare la storia perché risultati simili ti stroncano, è certo. Dopo un risultato del genere uno può pure essere tentato di mollare l’attività e per uno che ritiene razionali pure le gare dei centenni pensate che sia sopportabile l’idea di due campioni che abbandonano al top della carriera? No, io dico che qualsiasi scusa è buona per continuare a vedere in gara questi due nonostante che risultati simili possano anche creare un senso di rilassatezza difficile da superare.
Il discorso su Jacobs è ancora più difficile perché questo non ha patteggiato un bel nulla. li ha semplicemente distrutti ed arrivava ancora da più distante. Jacobs in pochi mesi si trova catapultato sul tetto del mondo e fa venire le vertigini ed è disorientante. Mai un italiano ha raggiunto nemmeno la finale dei 100 metri alle Olimpiadi. Questo la raggiunge e non fa solo una bella figura perché li massacra tutti. Chiaro che è difficile costruire obiettivi superiori. Cosa c’è dimostrare ora, che è il nuovo Bolt? Oltre alle Olimpiadi c’è poco da sognare. L’atletica ha una gradualità di obiettivi che sono tutti in grado di dare grandi soddisfazioni, quando li bruci la soddisfazione è enorme e al tempo stesso disorientante. Mi auguro che questi risultati colossali possano essere metabolizzati perché per certi versi è quasi più facile perdere che vincere. E questo detto da uno che ha sempre sostenuto che lo sport è fatto soprattutto da chi perde può suonare strano. La cosa più bella e facile è vincere e vincere in modo normale. Perdere e vincere in modo clamoroso sono ugualmente difficili anche se per motivi diversi. Da ottimo perdente mi viene da dire che forse vincere in modo clamoroso è ancora più difficile che perdere perché a perdere ti abitui pian piano mentre vincere in modo clamoroso è sempre traumatico.